“LE CIEL ATTENDRA”: LE ESISTENZE INFERNALI DELLE SPOSE DEL CALIFFO

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L’hijab sotto il letto, le preghiere a porta chiusa, il paradiso all’orizzonte, che Allah soltanto può concedere. Il percorso di radicalizzazione islamista verso il regno del Califfo parte da una chat sui social network dal divano di casa propria, una parola dolce da parte del nuovo amico che su Facebook si fa chiamare principe. Le giovani figlie della borghesia francese sono così disposte a cambiare il proprio nome per partire alla ricerca di quel paradiso che, visto dall’Occidente, ha tutte le sembianze dell’inferno.

Dopo Les Heritiers, storia di una classe di banlieue che partecipa a un concorso sulla Shoah, Marie-Castille Mention Schaar si ispira ancora una volta alla realtà. Un articolo su un fratello partito alla ricerca della sorella in Siria le ha fatto abbandonare il film a cui stava lavorando, poi l’incontro con la sceneggiatrice Emilie Frèche e successivamente con Dounia Bouzar, ex direttrice generale del Centro di prevenzione contro le derive settarie legate all’islam (CPDSI) sono stati decisivi. Due, tre giorni dopo gli attentati del 13 novembre 2015 la regista inizia le riprese del film che il ministro dell’educazione nazionale francese, Najat Vallaud-Belkacem, definisce «di salute pubblica». Uscito il 5 ottobre nelle sale francesi, Le ciel attendra è uno strumento pedagogico senza mai essere didattico, una riflessione perturbante ma necessaria, sebbene incompleta e indulgente nei confronti delle problematiche della Francia.

La regista racconta la jihad attraverso gli occhi di liceali convertite a un islam nato dal web. Sonia (Noémie Merlant), 17 anni, era sul punto di commettere l’irreparabile per garantire alla sua famiglia un posto in paradiso. Mélanie (Naomi Amarger), 16 anni, vive con sua madre, ama la scuola e le sue amiche, suona il violoncello e sogna di cambiare il mondo finché non si innamora di un principe conosciuto su internet. Potranno mai tornare indietro dalla loro illusione di amore, follia di islam? «Noi amiamo la morte più di quanto voi amate la vita», mormora Sonia con sguardo di odio alla madre. L’indottrinamento è compiuto e ai genitori disperati e disorientati non resta che rivolgersi a Dounia Bouzar, antropologa e specialista di islam anche nella vita reale, che diventa il vero fulcro del film. Bouzar cerca di salvare le ragazze perdute a forza di abbracci, chiacchiere da bazar e tirate sul «vero islam, religione di pace e amore». L’assistente sociale, a cui molti rimproverano l’inefficacia della sua azione, si fa portatrice di una visione dell’islam, condiviso dalla regista, a tratti semplicistica e carente di profondità culturale. Alle tavole rotonde di Dounia Bouzar il jihadismo è trattato come patologia, le convertite all’islam piuttosto come malate mentali, senza tener conto che la forza delle ragazze deriva dai testi musulmani che ai loro occhi detengono la verità assoluta.

L’indottrinamento è una graduale presa di coscienza dell’odio per la famiglia, delle costrizioni della vita sociale, dei complotti internazionali, delle abitudini impure e dissolute di un Occidente sull’orlo del baratro. «Solo tu che sei più sensibile, puoi capirlo, svegliati», è la voce ossessiva del principe che richiama a sé tutte le Sonia e Mélanie a ogni ora del giorno e della notte. Marie-Castille Mention Schaar tiene l’orrore a distanza, come se volesse indignarci ma mai disgustarci troppo. La Siria è solo nominata e dei jihadisti che partono dalle banlieues, quegli immigrati di seconda e terza generazione che insanguinano la Francia in cui non si riconoscono, neanche l’ombra. «Cosa fa lo Stato per questo?», si limita a gridare una madre (Clotilde Courau). Eppure nessuna condanna, nessun giudizio affrettato. La regista, piuttosto, restringe il campo sulle donne, madri e figlie separate da un incomprensibile dolore. E in quanto madre lei stessa, sfoglia le sfumature della disperazione tra le lacrime delle donne. I primi piani si susseguono a ritmo di nenie arabe che accompagnano i video di propaganda. Il cielo dovrà attendere quelle madri di figlie perdute lontano. Rabbia e incomprensione non lasciano respiro finché Dounia Bouzar non aiuta le spose del Califfo a liberarsi del velo e a rivedere la loro pelle nuda sotto la pesante stoffa. Il cielo attenderà, il paradiso per ora è la riscoperta sensazione di libertà dei capelli al vento.