“L’inganno”: la recensione del nuovo film di Sofia Coppola

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Usa, 2017 Regia Sofia Coppola Interpreti Elle Fanning, Kirsten Dunst, Nicole Kidman, Colin Farrell, Angourie Rice, Wayne Pére, Oona Laurence, Emma Howard, Eric Ian Distribuzione Universal Pictures Durata 1h e 34’

 

Al cinema dal 21 settembre 2017

IL FATTO – Gravemente ferito, il nordista John McBurney viene raccolto da una ragazzina e trasportato nella scuola femminile di Martha Farnsworth. Siamo in Virginia e la Guerra di Secessione è nel suo apice, insanguina i corpi e ottenebra la morale. Oltre a curarlo, per carità crisitana, la matura lady, collaboratrici e allieve si pongono il problema: consegnare la “pancia blu” da ligie patriote ai confederati dove sarebbe o giustiziato o condannato a un carcere durissimo, oppure tenerlo nascosto e utilizzarlo per vari lavori. Anche perchè l’uomo pare bene educato e non privo di un certo fascino virile. E lì convivono solo donne, di tutte le età. Al di là delle squisite forme di comportamento (“lieto di essere vostro prigioniero” con tanto di uso del voi), si intuisce subito che nell’ovattata atmosfera fatta di modi garbati e piccoli dispetti del collegio, cova un rimestare di passioni e desideri erotici che possono esplodere anche nella ferocia e nella violenza:“non c’è niente di più terrificante di una donna spaventata con la pistola”.

L’OPINIONE – Dall’omonimo romanzo di Thomas Cullinan (DeA Planeta Libri), la mano sempre elusiva e sofisticata di Sofia Coppola cerca in tutti i modi di differenziarsi dal potente La notte brava del soldato Jonathan (1971) di Don Siegel interpretato da un sardonico, cinico e fisicamente splendido Clint Eastwood. Non potendo contare su un protagonista maschile alla pari – Colin Farrell è decisamente meno di impatto anche se non così “cane” come certi critici sostengono – l’autrice di Il giardino delle vergini suicide (1999, il suo più bello) nonché di Lost in Traslation (2003), Marie Antoniette (2006) e dell’ipervalutato (a Venezia) Somewhere (2010) opta come suo solito per l’eleganza, di ambiente, luci (a volte pare – alla lontana – un omaggio a Barry Lindon) e azioni, anche quelle brutali e criminali. Il guaio è che, anche lasciando perdere il confronto (inevitabilmente perdente) col cult di Siegel, così facendo il pathos della trama (che è forte, un racconto “gotico americano”) si sdilinquisce e si sperde, nonostante l’algida performance di una Nicole Kidman come spesso “ghiaccio bollente” (nell’“altro”, il ruolo era comunque di una magnifica signora del teatro, Geraldine Page e scusate se è poco!). Ad ogni buon conto, il palmarès della figlia di Francis si è comunque arricchito di un altro prestigioso premio, quello per la miglior regia a Cannes, mentre per Miss Kidman è stato istItuito lì alla Croisette un premio speciale per il 70mo anniversario del festival.

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