MORETTI OSPITE DI VERONESI SU RADIO2: «LYNCH MI HA DETTO: TI AMMAZZO! »

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Max Cervelli, Moretti e Giovanni Veronesi a Radio2_
Max Cervelli, Moretti e Giovanni Veronesi a Radio2

Nanni Moretti ha rilasciato una lunga intervista su Rai Radio2 al collega Giovanni Veronesi, che conduce con Max Cervelli il programma Non è un paese per giovani. Che cosa ti rende felice, ha chiesto Veronesi al regista di Mia madre? «Mi basterebbe una mezz’ora di serenità al giorno per essere felice ». E ancora: sei un tipo scaramantico? «Quando uscivano i miei film avevo un rituale, che, però, quest’anno non sono riuscito a mettere in pratica: andavo a Ostia dove un amico ha un bar e un cinema ». Quando terminerai la tua carriera, smetterai di colpo o lo annuncerai? «Non lo dirò. Quando lo si annuncia sembrano sempre dichiarazioni non sincere, promozionali. Ma o non avrò più energie », ha aggiunto Moretti sempre su Radio2. Hai mollato la politica perché troppo complessa? «No, sapevo che sarebbe stato solo un periodo. Per me la politica è un mestiere ed è anche difficile ». Parlando del Festival di Cannes, ha raccontato un aneddoto del 2001, quando vinse la Palma d’oro con La stanza del figlio. In quell’occasione c’era anche David Lynch che, vedendolo passare, gli disse: «Un giorno o l’altro ti ammazzo! ». «Se una cosa del genere te la dicono i fratelli Coen ti fa pure ridere, ma detta da Lynch fa un po’ paura! », sottolinea Moretti. E tu, gli hanno chiesto i conduttori, come sei rimasto? «Gli ho detto che non sapevo nemmeno che premio avessi vinto. Lui mi ha risposto così: “Ti ammazzerò comunque” ». In chiusura di trasmissione, il regista ha ricordato un altro divertente episodio accaduto ancora Cannes, stavolta nel 2006, quando presentò Il Caimano: «Avendo fatto parte della giuria, sapevo bene che quando questa si riunisce il primo ad essere contattato è il vincitore. Per questo, aspettando la telefonata, ho deciso di andare a vedere una partita di calcio di mio figlio, che aveva 10 anni. Tenevo sempre il telefono in mano. Il tempo passava ed ero ormai sicuro che non mi avrebbero chiamato. Allora me la sono presa con un bambino della squadra avversaria che faceva molti falli. Un dirigente mi disse: “Mi meraviglio di lei, che è una persona intelligente!”. Io gli risposi: “Ma chi gliel’ha detto che sono intelligente?” ».