PETE DOCTER E LA PSICANALISI A COLORI DEL SUO ”INSIDE OUT”

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Il regista premio Oscar Pete Docter è arrivato a Roma per presentare il bellissimo e ”infinito” Inside Out, ultimo titolo prodotto dai Pixar Studios.

Pete DocterAlto, camicia a quadri, aria da eterno sognatore, occhi azzurri che ricordano, guarda caso, gli stessi occhi turchesi di Buzz Lightyear. Il regista premio Oscar Pete Docter è arrivato a Roma, nel primo giorno di scuola per milioni di ragazzi e bambini, per presentare il suo ultimo film targato Pixar Studios: Inside Out. L’opera, dopo essere stata osannata dalla critica mondiale e aver battuto addirittura Avatar nel primo week-end di programmazione negli USA, arriva anche nelle nostre sale, il 16 settembre, portando con sé l’inconfondibile potenza visiva e, soprattutto, narrativa degli Studios con sede nell’assolata Emeryville, California. Inside Out, pullulante di colori e colmo di sottotesti di grossa importanza, racconta quello che avviene nella testa dell’undicenne Riley, alle prese con un trasloco che la cambia profondamente. Gioia, Paura, Rabbia, Tristezza e Disgusto, per l’appunto, giostrano nella sua mente – così come nelle menti di tutti gli esseri viventi – , occupandosi dei ricordi, belli e brutti, dei pensieri e delle ”isole della personalità”, che costituiscono l’essere stesso di Riley.

Inside OutUn’idea tanto originale quanto rivoluzionaria, ma anche molto privata, come ci ha raccontato lo stesso Pete Docter: «Come per gli altri film, ho presentato la storia di base a John Lasseter, che mi ha dato dei consigli su come sviluppare la sceneggiatura. L’idea di avere delle emozioni come protagonisti, poi, gli è piaciuta molto, così l’abbiamo sviluppata a fondo. Inside Out ha una grossa componente privata, perché mi è venuto in mente osservando crescere mia figlia Elizabeth. Riley, infatti, è perfettamente come lei: a 11 anni ha cominciato a cambiare, maturando gli atteggiamenti tipici di una bambina che sta crescendo. Del resto, tutti noi quando maturiamo proviamo, in qualche modo, le stesse emozioni ». Portare avanti il soggetto di Inside Out è stato assai complicato, soprattutto per quanto riguarda le caratterizzazioni dei personaggi: «Quando abbiamo portato avanti il film ci siamo chiesti molte cose e, attenzione, non abbiamo rappresentato il cervello, bensì la mente, che è qualcosa di estremamente astratto ma, sul grande schermo, doveva risultare concreto », spiega Docter, dicendo anche che inizialmente la ”cabina di controllo” della mente doveva essere ben altra cosa: «Gioia, Paura e gli altri inizialmente dovevano essere in un teatro, poi abbiamo pensato ad una nave con gli alloggi e la cabina. Ma non funzionavano come situazioni. Cercavamo una metafora più profonda, sbocciata poi con quello che potete nel film ».

Inside OutPete Docter, tra regia e sceneggiatura, ha esplorato le emozioni di giocattoli, mostri, anziani e bambini. Dunque Inside Out, vista la tematica, può considerarsi come una summa di tutte le opere Pixar, anche se è completamente diverso dagli altri titoli: «Quando realizziamo un film, a prescindere dal soggetto, vogliamo far sì che il pubblico provi emozioni vere, nuove. In questo caso ci siamo allargati, come mai prima, perché i personaggi hanno questo lato, diciamo, infinito. Cerchiamo di realizzare film diversi gli uni dagli altri, e quando troviamo troppe similitudini con un altro titolo, cambiamo rotta! ». Non manca qualche accenno ai personaggi, diventati già memorabili, nonché motivo di studio: «Sono delle caricature pure ed esagerate, e abbiamo realizzato la nostra versione dei Sette Nani. Le Emozioni sono sì caricate, ma possiedono una loro personalità, delle idee proprie. Ci siamo divertiti molti nel crearli e nel creare il film, anche mentre studiavamo Freud e Jung, che non sono poi così ”leggeri”! », continua Pete: Â«È stato bello scoprire, attraverso le loro opere, cosa siano le persone, anche se nessuno sa come funzioniamo fino in fondo. Comunque il nostro è un film d’animazione, ci siamo concentrati sulle cose più spassose. Riassumendo, Inside Out è una versione più POP di Jung! »

Pete DocterInside Out, tra le altre cose, ha la capacità di ”rivalutare” e ”sdoganare” la tristezza, da sempre allontanata dall’uomo e dai film Disney: «Tutti noi vorremmo poter avere una vita felice », chiarisce il regista «ma la cosa non è sempre possibile: c’è la delusione, la perdita, i problemi. Quindi le emozioni negative, che cerchiamo di sfuggire, sono fondamentali: ci servono per affrontare le complessità dell’esistenza. Ognuno vorrebbe il lieto fine come nelle fiabe Disney ma non è così e, dunque, bisogna convivere anche con questi lati più oscuri ». Come rivelato da Docter, il quindicesimo lungometraggio Pixar, all’inizio, prevedeva anche altre Emozioni tra i characters: «Parlando con diversi scienziati non abbiamo mai ricevuto la stessa risposta su quali siano le emozioni di base che proviamo. Nel film ci sono cinque Emozioni, ma prima c’erano, tra loro, l’orgoglio e la speranza. Però ci siamo resi conto che era insensato affollare troppo la stanza, quindi abbiamo preso le caratteristiche dei personaggi cancellati cucendole addosso a quelli rimasti ».

Inside OutVedendo Inside Out ci si può subito rendere conto delle particolarità cromatiche di Rabbia, Paura, Disgusto e Tristezza. Caratterizzazioni decise e peculiari, tranne che per Gioia, le cui sfumature, tra il giallo e il blu, hanno una valenza precisa a detta del regista: «Con Gioia siamo stati liberi di spaziare: l’idea che avesse più sostanza e duttilità riesce a far capire la sua complessità e i capelli blu sono una sorta di premonizione su quello che succederà, poi, nel corso della storia ».Pete Docter ci tiene a specificare che per la realizzazione di Inside Out è stato essenziale l’effetto che avrebbe fatto sui più piccoli: «A metà strada della produzione abbiamo fatto delle proiezioni di prova, per vedere la reazione dei bimbi. I feedback sono state sorprendenti, per esempio, il figlio di un animatore Pixar, terrorizzato dall’acqua, si è tuffato in piscina dopo aver capito che era solo e soltanto la paura a bloccarlo. Insomma, i più piccoli hanno capito e spiegato Inside Out molto meglio di come potessimo farlo noi. Non solo, i bambini, al contrario degli adulti, riescono a leggere e far proprie le emozioni come nessun altro! ». Ovviamente, la pellicola, in pieno stile Pixar Studios, è indirizzata anche agli adulti: «Questi film, egoisticamente, li faccio per me. Se devo trascorrere diversi anni su qualcosa, deve coinvolgermi, deve essere un qualcosa di profondo », prosegue Docter «Certo, lo realizziamo per i bambini, ma c’è, ed è fondamentale, l’elemento che riguarda gli adulti. Fidatevi, questa è una grossa opportunità: mi viene chiesto di presentare delle idee per farne un film, tra l’altro con una troupe eccezionale e con la Disney che ci da una piattaforma bellissima. Sono super fortunato ».

Fin dal 1995, data di uscita di Toy Story, in casa Pixar ogni prodotto, dal corto allo speciale televisivo, passando naturalmente per il cinema, ha una forte valenza personale per gli autori e, Inside Out, non è certo da meno: «Noi che lavoriamo alla Pixar trasmettiamo un riflesso della nostra vita sulle pellicole che creiamo, e nulla come la crescita di mia figlia mi ha condizionato tanto. Vedere crescere i miei figli è una cosa straordinaria, facendomi ragionare pure su aspetti della mia maturazione che magari ancora non ho elaborato. Non so cosa farò dopo Inside Out perché, con i figli più grandi, forse, sarò senza un mestiere! ». Ma noi, stiamo già aspettando il suo prossimo, colorato capolavoro.

Damiano Panattoni

Ph. di Pietro Coccia