Back to Black, vita e morte di una cantante eccezionale

Dal 18 aprile il sala con Universal il biopic su Amy Winehouse

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They tried to make me go to Rehab – But I said no, no, no – Yes I’ve been black, but when I come back – You’ll know, know, know – I ain’t got the time – And if my daddy thinks I’m fine – They tried to make me go to Rehab – But I won’t go, go, go

La tragedia della vita di Amy Winehouse (1983 – 2011) è annunciata nelle dolorosamente autobiografiche liriche di Rehab, canzone contenuta nello splendido Back to Black, che ai Grammy Awards del 2008, ha vinto il premio come miglior album vocale pop ed è stato anche nominato come album dell’anno. Nella stessa cerimonia, Winehouse ha vinto quattro premi aggiuntivi, diventando la seconda donna più premiata in un’unica cerimonia. Back to Black era il suo secondo (ed è stato l’ultimo) album inciso in studio prima che la sua morte desse la stura a una pletora di dischi postumi tratti dalle esibizioni live di questa meravigliosa cantante e compositrice che poteva essere la regina del soul bianco (uno dei suoi più grandi estimatori è stato un veterano come Tony Bennet), se solo il suo fisico e il suo spirito non fossero devastati da terribili problemi di bulimia/anoressia, droga, alcol e se lei non fosse succube di un padre cui era legata da un rapporto di amore/odio e che, dopo averne spremuto il talento in vita, ha continuato a farlo anche dopo la morte (altro che «if my daddy thinks I’m fine»: brutto bastardo, un padre la figlia deve tentare di salvarla a ogni costo!).

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La vita di questa sfortunata artista, entrata nel tragico club dei 27, quei musicisti cioè che non sono arrivati a compiere ventotto anni come Brian Jones, Janis Joplin, Jimi Hendrix, Jim Morrison e Kurt Cobain, era già stata oggetto del film Amy (2015) di Asif Kapadia, presentato in anteprima al Festival di Cannes e vincitore del premio Oscar 2016 come miglior documentario.

Ora a Amy Winehouse è stato dedicato un biopic, intitolato proprio Back To Black e distribuito nelle sale da Universal Pictures il 18 aprile. Diretto da Sam Taylor-Johnson, la regista che aveva già affrontato la parte giovanile della vita di John Lennon in Nowhere Boy (2009), prima di dedicarsi a Cinquanta sfumature di grigio (2015), il film vanta la sceneggiatura di Matt Greenhalgh, già sceneggiatore di Nowhere Boy, ma soprattutto dell’ottimo Control (2007) su Ian Curtis, cantante e compositore dei Joy Division morto suicida a soli 23 anni.

Nel cast il non facile compito di incarnare Amy Winehouse è stato affidato a Marisa Abela, nota per la partecipazione a serie tv come Cobra – Unità anticrisi (2020) e Industry (2020-2022), oltre ad essere diventata la Teen Talk Barbie nel kolossal prodotto e interpretato da Margot Robbie. Il grande Eddie Marsan (Ray Donovan; 21 Grammi) è Mitch Winehouse, il padre di Amy, mentre Jack O’Connell (Unbroken; Ferrari) incarna suo marito Blake Fielder-Civil. Al loro fianco, tra gli altri, Lesley Manville, Ryan O’Doherty, Ansu Kabia, Bronson Webb e Juliet Cowan.

Nella colonna sonora del film, oltre ovviamente a diverse canzoni del repertorio di Amy Winehouse, ci sono le musiche originali di Nick Cave e Warren Ellis.
Tra le frasi che Abela/Winehouse recita nel film, quella che ne riporta più fedelmente le intenzioni musicali è senza dubbio «Sai che cos’è per me il girl power? Sarah Vaughan, Lauryn Hill… devi capire una cosa: non sono una Spice Girl». Back To Black segue la troppo breve vita dell’artista dall’adolescenza agli esordi, fino al successo che non è riuscita a gestire e ne ha fatto esplodere i problemi, alimentando i traumi irrisolti legati alla sua infanzia, con il padre andato via di casa quando lei aveva appena nove anni e riapparso nel momento del suo successo, ma incapace di proteggerla, avendola esposta cinicamente a tabloid, paparazzi e sciacalli di ogni tipo.