Barbara Ronchi: «Accanto a due maestri della commedia per chiudere un anno speciale»

Barbara Ronchi racconta a Ciak il suo 2023 iniziato con il David per Settembre e il Nastro d’argento e il Ciak d’oro per Rapito. Svela i suoi progetti. E anche un sogno

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Barbara Ronchi

In Santocielo le è affidato il ruolo di Giovanna, psicologa ed ex moglie di Nicola (Ficarra): «Ci siamo lasciati – spiega lei – perché Nicola rappresenta tutto ciò che Giovanna detesta: il bigottismo sociale, la paura di ciò che gli altri pensano di noi. Ma nel corso del film sapremo interagire e crescere». E per Barbara Ronchi questo esordio nella grande “commedia intelligente” segnerà l’ennesimo punto esclamativo su una annata per lei sostanzialmente memorabile, iniziata con il David di Donatello per l’interpretazione in Settembre di Giulia Steigerwalt e proseguita con la grande accoglienza a Cannes e in sala per Rapito di Marco Bellocchio, che le è anche valsa prima il Nastro d’argento e poi il Ciak d’oro, consegnatole a Venezia davanti a Damien Chazelle, il regista Premio Oscar che presiedeva la Giuria della Mostra numero 80 del Lido. Barbara ha raccontato a Ciak il senso del nuovo impegno, le impressioni su questo suo anno fantastico e sulla professione di attrice e progetti (e sogni) per il futuro.

Ti abbiamo lasciata mamma ferita (però non spezzata) in Rapito e ti ritroviamo coprotagonista di una delle commedie più attese dell’anno.
Tengo moltissimo a Santocielo. E ringrazio tanto Francesco Amato, il regista con cui ho realizzato le tre stagioni di Imma Tataranni e che mi ha chiamata per questo film. Credo che la commedia fatta con intelligenza sappia veicolare messaggi importanti in modo semplice, diretto, e ci mette di fronte alle nostre debolezze. Ho avuto la fortuna di farla accanto a due campioni del genere, che ne conoscono come pochi la meccanica. È stata una sfida. Mi sono affidata. E ho anche imparato tanto. Barbara Ronchi 

Barbara Ronchi e Salvatore Ficarra in “Santocielo”

Cambia molto l’approccio al ruolo quando interpreti una commedia?
Concentrazione e preparazione sono molto simili. Anche l’empatia che devi provare a creare è la stessa. Ciò che cambia è che mentre nei drammi racconti una storia straordinaria capitata proprio al personaggio che ti viene affidato, nella commedia devi riuscire ad arrivare a un pubblico molto largo, e far sì che quella persona somigli a tante altre che hai conosciuto nella tua vita e che anche la gente può riconoscere. Barbara Ronchi 

Ora torni al dramma. Atmosfere che ci riportano a due anni fa.
Sono l’interprete di Non riattaccare di Manfredi Lucibello, il film italiano in gara al Torino Film Festival. È la storia di una donna che, ricevuta la strana telefonata di un uomo (interpretato da Claudio Santamaria), viaggia in auto da sola per tutta la notte nell’Italia deserta della pandemia cercando di arrivare in tempo. Non mi era mai capitato un film del genere, con me sola in scena per 90 minuti: è l’esperienza più immersiva fatta fino ad adesso. Manfredi mi ha consentito di prepararmi in teatro per due settimane. Poi abbiamo girato ogni notte dalle 6 del pomeriggio alle 6 di mattina. Per cinque settimane. Una prova complicata. E molto affascinante. 

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Questo 2023 così bello ti ha fatto raccogliere ciò che semini da anni con grandi interpretazioni. Ormai sei un patrimonio riconosciuto del nostro cinema. A te che effetto fa, voltandoti indietro?
Sono passati quasi 20 anni! Appena uscita dall’Accademia d’Arte Drammatica ho iniziato subito a lavorare: prima il teatro, poi la tv, e poi è arrivato il cinema. È stato un percorso di cui sono molto felice, perché l’ho compiuto pian piano e mi ha portato a interpretare i miei personaggi al momento giusto, quando avevo la maturità per farlo. Certo, tutto è iniziato dall’incontro con Bellocchio: con Fa bei sogni mi ritrovai alla Quinzaine di Cannes! La casting director del film mi aveva visto a teatro e mi chiese di fare un provino. Ecco: l’incontro con Marco è stata la mia educazione sentimentale al cinema. E anche quello con Giulia Steigerwalt, la regista di Settembre, per me importantissimo, è arrivato al momento giusto. Ho potuto darle il meglio di ciò che mi era capitato fino a quel momento.

Non è che il successo arrivato in dosi massicce influirà sul rapporto con il tuo lavoro?
Il mio lavoro è una delle mie più grandi passioni, ma non è l’unica. È un mestiere che diventa anche molto vorace, ma devi sapere mettere un freno. È bellissimo vivere le vite degli altri, ma deve essere bello anche tornare alla tua. E la quotidianità della mia vita, di mio figlio, del mio compagno, sono fondamentali per me. Per questo non posso sempre dare la priorità ai progetti professionali. Voglio riuscire ad essere una mamma e una compagna presente. Perché quando fai l’attore, vivi cento vite, spesso belle, entusiasmanti. Ma rischi di dimenticare la tua. Barbara Ronchi 

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C’è un progetto, un ruolo che sogni?
Mi sarebbe sempre piaciuto fare un film con Paola Cortellesi come compagna di scena ma a questo punto rilancio il mio sogno con un film con Paola regista! Subito dopo aver visto C’è ancora domani le ho mandato un messaggio per dirle quanto avrei voluto abbracciare la sua Delia e per ringraziarla per il suo bellissimo film. Sarebbe un sogno.

E a diventare regista, come tanti tuoi colleghi e colleghe hanno fatto di recente, ci pensi?
Questi esordi così felici hanno rafforzato la mia idea che altri sguardi siano possibili. Ma non sento ancora il bisogno di raccontare una storia dal mio punto di vista. Mi affascina essere interprete delle visioni di altri registi. Magari provando ad essere più autoriale. Ma sempre come interprete. Barbara Ronchi