Dellamorte Dellamore: il tanto amato/odiato cult legato a Dylan Dog

Un film del 1994 diretto da Michele Soavi con Rupert Everett. Ma cosa c’entra con Dylan Dog?

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Preambolo: lo scrittore e fumettista Tiziano Sclavi crea un personaggio di nome Francesco Dellamorte e ne fa protagonista di un romanzo, ovvero “Dellamorte Dellamore“. Successivamente, sempre Tiziano Sclavi, prende gli spunti migliori da questo Dellamorte e crea la sua creatura perfetta: Dylan Dog. Quindi, Dylan Dog si può definire come un 33% nuovo, un 33% Dellamorte, e un 33% Rupert Everett.

Cosa c’entra l’attore Inglese adesso? C’entra perchè come dichiarato dall’autore stesso, in fase di progettazione fu proprio il suo volto ad ispirare il famoso indagatore dell’incubo. Dylan poi partì per la sua strada con i fumetti e Dellamorte rimase lì nell’archivio con all’attivo un libro e qualche citazione nei Dylan Dog stessi. Bene quindi ora che abbiamo spiegato la questione, da dove è nata tutto questa confusione che spesso viene fatta tra i due personaggi? La riposta è un film: Dellamorte Dellamore.

Nel 1994 Michele Soavi dirige il film tratto da quel famoso romanzo di cui vi abbiamo parlato, mettendo proprio Rupert Everett come protagonista. La promozione del film spinge forte su questa parentela con Dylan Dog nella pubblicità dando sfogo al panico più totale tra i meno esperti. Che sia chiaro subito quindi: Dellamorte Dellamore NON E’ un film su Dylan Dog, bensì è tratto dal romanzo omonimo di Tiziano Sclavi, erroneamente accostato all’amatissimo personaggio. Certo, l’attore c’era, il regista giusto pure, a questo punto potevano farlo su Dylan Dog stesso. Purtroppo o per fortuna non fu così perché a noi il film piace tanto lo stesso.

Due righe sulla trama: Francesco Dellamorte (Rupert Everett) lavora come custode al cimitero di Buffalora, un piccolo paesino lombardo. Il luogo però è infestato da una strana maledizione: la notte infatti le persone decedute negli ultimi sette giorni ritornano in vita, e a lui e al suo goffo aiutante Gnaghi (François Hadji Lazaro) tocca l’arduo compito di eliminare i morti viventi. Il tutto naturalmente all’oscuro di chiunque, per evitare il rischio di perdere il lavoro e passare per matto. Le cose però si complicano inesorabilmente quando Francesco viene sedotto da una giovane vedova (Anna Falchi).

Il film è molto particolare, e sicuramente “molto poco Italiano” (come direbbe un certo personaggio di una certa serie tv). Purtroppo è il suo più grande pregio e allo stesso tempo il più grande difetto. Difetto per gli altri, per il pubblico medio italiano che non capì e forse continua a non capire il film, essendo abituato a tutt’altro approccio stilistico e a tutt’altro genere. Non a caso il film non viene quasi mai mandato in onda o citato in tv.

Pregio perchè il film è un gioiello senza ombra di dubbio. Una Scenografia dark firmata da Antonello Geleng che vinse il David di Donatello, una forte dose di umorismo nero, splatter, erotismo. Sicuramente ora in alcune sequenze si sente un po’ troppo  quell’impronta che puzza di inizio anni ’90 (tipo la scena dei motociclisti) ma poco importa perché il film funziona lo stesso, e anche bene. Un’atmosfera ben azzeccata grazie anche alla colonna sonora di Manuel De Sica (il fratello maggiore di Christian).

Forse l’ultimo cult italiano di genere horror, quell’horror tipico dei decenni passati figlio di Bava, Argento e Fulci. Un film con un finale quasi Lovecraftiano che innalza ancora di più il valore complessivo dell’opera. Insomma, se non l’avete mai visto, che voi siate fan di Dylan Dog o no, noi vi consigliamo di recuperare assolutamente questo cult che vi trascinerà in queste notti lugubri di un cimitero, in un piccolo paesino Italiano.