Elena Lietti e la sostenibile voglia di leggerezza

Elena Lietti arriva nelle sale cinematografiche il 22 dicembre con la nuova commedia di Aldo, Giovanni e Giacomo, Il grande giorno, e con il dramma Le otto montagne

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Il 22 dicembre Elena Lietti è arrivata nelle sale con ben due film, Il grande giorno di Massimo Venier, con Aldo, Giovanni e Giacomo, e Le otto montagne di Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, premiato a Cannes.

Un segnale preciso di come sia cambiato negli ultimi anni il Natale cinematografico degli italiani e di quanto l’attrice, recentemente vista in Siccità di Paolo Virzì, stia spaziando tra generi diversi, in un percorso professionale ricco di tappe niente affatto scontate. La ritroveremo in Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese e ne Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti. A teatro è invece impegnata con Costellazioni di Raphael Tobia Vogel, da un testo del drammaturgo inglese Nick Paine.

Con Il miracolo di Niccolò Ammaniti sei arrivata al grande pubblico. Come scegli ora?

È sempre una questione di sceneggiature, di storie. Quando ho letto il copione de Il grande giorno ho subito pensato che fosse una storia molto forte, divertente. La commedia è una zona che mi piace frequentare anche da spettatrice, l’ironia fa parte della mia vita. Abbracciare generi diversi rappresenta un arricchimento necessario, ma la verità è che quando mi hanno proposto il film, tra Covid e guerra c’era poco da ridere e io, che all’epoca andavo di Xanax, avevo voglia di star bene, di entrare in una zona leggera e spensierata.

La tua Valentina ne Il grande giorno è la seconda moglie di Giovanni. E poi?

Ho letto la sceneggiatura quando era ancora un work in progress e Massimo Venier mi ha dato la possibilità di completare il ritratto del personaggio lavorando con lui. Io che sono di Saronno conosco bene l’umanità raccontata nel film, il ceto medio brianzolo, e con Venier abbiamo collaborato alla caratterizzazione di Valentina, che non esiste solo in funzione del marito e del trio. È una donna propositiva, organizzata, pratica ed entusiasta. Ma è cresciuta con l’orizzonte di Segrate e quando per le nozze della figliastra si fa viva la sua nemesi, la prima moglie di Giovanni, tutte le sue certezze crollano. Margherita ha studiato, ha viaggiato in tutto il mondo, è carismatica, e a Valentina, che vede i suoi fantasmi materializzarsi, trema la terra sotto i piedi.

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Cosa ami della comicità di Aldo, Giovanni e Giacomo?

La loro specificità nel raccontare una certa umanità, una classe sociale, una provenienza geografica. Le persone che restituiscono sono reali, io le conosco. In questo film emerge uno spaccato sociale preciso, la crisi della borghesia del nord. Venier poi aggiunge alla comicità del trio il suo punto di vista ironico, con grande capacità di osservazione dell’umano anche nei suoi lati più meschini.

Condividi molte scene con Giovanni.

Ed è stato esilarante. Il primo giorno di riprese dovevo entrare, dire una battuta, uscire e lui ogni volta mi consegnava come premio un complemento di arredo della villa dove giravamo: un vaso cinese, un tappeto persiano, una poltrona Luigi XV.

Hai rivisto wedding comedies?

No, ma colleziono foto di matrimonio di persone che conosco. Il matrimonio è un evento teatrale in cui viene fuori il peggio delle ambizioni e delle meschinità umane.

Con Le otto montagne siamo da tutt’altra parte.

Nel dramma, in un’altra zona e una diversa epoca. Anche qui però si racconta di un’amicizia tra uomini, dove le donne compensano i colpi di testa o le incapacità di mariti e figli. Il mio
personaggio, Francesca, cerca di far parlare tra loro uomini che non sanno comunicare, tentando di sciogliere nodi, risolvere conflitti. Ho molto apprezzato la sensibilità di Van Groeningen e Vandermeersch, registi che amano esplorare le scene senza avere già in mente un risultato.