Emilia Pérez, Jacques Audiard si scusa con il Messico

Il regista di uno dei film migliori dell'anno risponde alle critiche ricevute

0
Emilia Perez Jacques Audiard

Con buona pace del nostro Vermiglio e gli altri concorrenti, è probabilmente il principale candidato alla vittoria del Premio Oscar 2025 per il Miglior Film Internazionale (e forse non solo quello, viste che probabilmente saranno diverse le categorie nelle quali concorrerà il 2 marzo), eppure Emilia Pérez sta dimostrando di essere un titolo più divisivo di quel che si potesse pensare, e più criticato. Per ultimo dal Messico, dove Jacques Audiard era ospite e ha pensato di doversi scusare dopo aver cancellato un incontro in programma alla Cineteca Nazionale della capitale.

LEGGI ANCHE: Oscar 2025, posticipate le nomination dopo gli incendi in California

Dopo aver affrontato non poche critiche relative alla presenza della transgender Karla Sofía Gascón (per non parlare degli insulti ricevuti dall’attrice, premiatissima e apprezzatissima ovunque, da un politico francese), come quelle del magazine Pink News (secondo il quale il film “perde ogni sfumatura quando si parla di identità trans”) e della Gay & Lesbian Alliance Against Defamation, che l’ha definito “profondamente retrogrado” nel suo rappresentare una donna trans, a quelle si sono unite le polemiche sull’immagine stereotipata, ignorante, irrispettosa e persino xenofoba data dal film.

Il dibattito è molto acceso nel Paese, tra quanti si sono indignati per la poca conoscenza ostentata da Audiard del Messico stesso e quanti difendono il film riconoscendogli coraggio, eppure il regista francese ha sentito di doversi scusare pubblicamente con queste parole:

“Se ci sono cose che vi sembrano scandalose in Emilia Perez, mi scuso. Quello che vorrei dire è che non sto cercando di dare risposte. Il cinema non fornisce risposte, il cinema pone solo domande. E forse le domande poste non sono corrette. Forse le ho semplicemente trovate interessanti. Non volevo e non voglio essere pretenzioso”.

Scuse non necessarie, evidentemente, almeno per chi – d’accordo con Audiard – pensa che il cinema abbia altri meriti e obiettivi, e il giudizio critico non debba dipendere dalla nazionalità dei suoi realizzatori. Tanto più nel caso di un regista tanto poliedrico e mutevole come quello di Sulle mie labbra, Tutti i battiti del mio cuore, Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa, I fratelli Sisters e Parigi, 13Arr.