Vent’anni di Pivio & Aldo De Scalzi: l’intervista

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Da Il bagno turco a The Startup: i due compositori festeggiano vent’anni di colonne sonore. E tra bilanci e futuro lanciano un appello: ridiamo importanza alla musica da cinema
Da Genova a Istanbul, da Cannes a Coliandro, passando per Ozpetek, Risi, i Manetti e Sollima, sempre in bilico tra esplorazione e tradizione, tra etnica e futuro, con molte perle nascoste come le soundtrack di Ormai è fatta (riscopritela, è un gioiellino), Si può fare e L’odore della notte di Claudio Caligari: il viaggio di Roberto Pischiutta in arte Pivio e di Aldo De Scalzi è un arabesco sonoro cominciato addirittura negli anni Settanta, prima di diventare un vero e proprio marchio, Pivio & De Scalzi, a partire dal 1991. «E il prossimo 9 maggio celebriamo i nostri vent’anni nella musica da cinema», precisa Pivio che, con il compare ha appena pubblicato in digitale l’ottimo score di The Startup di Alessandro D’Alatri, altra vecchia conoscenza, un regista con cui i due lavorarono per la prima volta nel 1998.
E partiamo proprio a lì: come nasce il vostro sodalizio con D’Alatri?
«Nel 1998 Alessandro era alle prese con I Giardini dell’Eden, basato sui Vangeli apocrifi, mentre noi l’anno prima avevamo esordito con la colonna sonora de Il bagno turco di Ferzan Ozpetek, il cui suono aveva molte influenze mediorentali, e ci eravamo fatti notare per il progetto Trancendental, tra tradizione mediterranea e tecnologia. Questi nostri interessi per un suono, da un lato arcaico e dall’altro futuribile, incuriosirono Alessandro che decise di coinvolgerci. La collaborazione è continuata poi con Casomai. La cosa buffa è che lo score di Casomai ebbe un discreto successo di pubblico, e un brano, Danza sul ghiaccio armonico, nella versione liturgica è diventato quasi uno standard delle cerimonie nuziali. Lo so, è piuttosto bizzarro…».
Per The Startup vi ha chiesto qualcosa in particolare per il tono del film?
«L’idea di Alessandro era quella di spingere il pedale su ambientazioni techno, vicine al suono che idealmente viene ascoltato dai protagonisti del film, contrapposto ad alcuni momenti di maggiore apertura orchestrale. Poi ci siamo concentrati sulla realizzazione di alcune canzoni originali che andassero ad integrare altri brani di repertorio, come quelli di Nesli e The Avener, il che ci ha portati a coinvolgere una giovane promessa, genovese come noi, Ginevra. Per il brano I Am the Man, summa di questa collaborazione, Alessandro ha anche realizzato un video che la vede protagonista».
Nello score si sentono echi del lavoro fatto da Reznor e Ross su The Social Network. Volutamente?
«Seguo Reznor da tempi non sospetti, dall’esordio con i Nine Inch Nails, Pretty Hate Machine, del 1989, ed è stato fonte d’ispirazione in molti lavori. Trovo che il suo recente lavoro nel mondo cinematografico, con l’aiuto di Atticus Ross, sia l’inevitabile punto di arrivo di anni di sperimentazione. Quindi questi echi diventano ancor più evidenti in questa occasione perché in entrambi i film si parla della tenace voglia di un ragazzo di emergere, come accadeva in The Social Newtork».
Com’è nato uno dei pezzi più forti della colonna sonora: Esausta Ricerca Dei Soldi?
«Il titolo nasconde la genesi del brano. Abbiamo notato negli oltre cento film che abbiamo musicato che c’è sempre una sequenza ostica contro la quale andiamo a sbattere, non trovando la soluzione più giusta. Era successo al nostro esordio, è successo anche qui. Prima di arrivare alla soluzione finale, abbiamo elaborato e realizzato una quindicina di tentativi sempre abortiti e alla fine, grazie al contributo di un nostro storico collaboratore, Luca Cresta, siamo riusciti ad arrivare alla versione che ci metteva tutti d’accordo».
Il 9 maggio Pivio & De Scalzi celebrano i vent’anni di carriera nella musica da cinema. Una riflessione obbligata: com’è la situazione in Italia riguardo il mondo delle colonne sonore? Meglio o peggio di quando avete cominciato? 
«Non voglio fare il mugugnone, ma è indubbio che la situazione è sensibilmente peggiore di vent’anni fa. La crisi del botteghino, dovuta in parte ad una proposta artistica non sempre esaltante e a un modo diverso di fruire il mezzo cinematografico – ha fatto sì che editori storici siano scomparsi, che i budget siano sempre più risibili costringendo i compositori a ridurre gli organici con cui lavorare. Questo depauperamento delle risorse si è riverberato sulla proposta musicale. Il discorso richiederebbe larghi spazi perché sto semplificando, ma è proprio per contrastare questa deriva che con altri colleghi stiamo creando un’associazione di settore, l’A.C.M.F (Associazione Compositori Musiche da Film), che tra i propri obiettivi ha quello di ridare il giusto peso alla nostra professione. Persino un grande maestro come Ennio Morricone, che da subito ha dato la sua adesione alle nostre iniziative, ha avuto molte occasioni per denunciare la mancanza di attenzioni, produttive e mediatiche, che stiamo subendo da troppo tempo».
Ma è vero che lei sta pensando a un debutto alla regia? Cos’è It’s Fine Anyway?
«C’è già stato, con il primo episodio del progetto It’s Fine Anyway. L’anno scorso ho fatto uscire un album con lo stesso titolo. Con Marcello Saurino, noto soprattutto per la sua attività di montatore, avevamo pensato di realizzare un video di uno dei brani; in realtà i nostri incontri hanno spostato il focus su un progetto più ambizioso, cioè realizzare 11 episodi, tutti collegati tra loro ma autoconclusivi, ispirati alle 11 canzoni dell’album. Al momento abbiamo realizzato il primo episodio, la storia di due ragazze, Jun Ichikawa e Agnese Emiliozzi, che hanno un’affaire di una notte e si promettono di rivedersi al più presto, non sapendo che saranno coinvolte in un combattimento clandestino. Sulla base di questi primi 11 minuti stiamo ottenendo parecchie adesioni sia artistiche che produttive e puntiamo a chiudere altri quattro episodi nei prossimi mesi.
Nel frattempo ha realizzato un tributo a Bowie. Cos’è esattamente?
«Lodgin a Scary Low Hero è il mio personale contributo all’opera di Bowie, limitatamente a quattro album (Low, Heroes, Lodger, la trilogia berlinese, e Scary monsters and super creeps che ne è l’ideale continuazione). Per ognuno ho scelto tre brani, riarrangiati, suonati e cantati da me. L’album, uscito il 10 gennaio, era stato distribuito solo in digitale ma ho deciso di realizzarne una versione in CD la cui copertina è fatta a mano da me. Quindi chi lo acquisterà a partire dal 7 giugno potrà avere una copia unica».
Un autore di colonne sonore che i lettori di Ciak dovrebbero riscoprire?
«Personalmente sto riascoltando Ryūichi Sakamoto, non solo le opere più famose come Furyo, L’ultimo imperatore o Il tè nel deserto, ma lavori più sperimentali come Love Is The Devil su Francis Bacon. Trovo interessante la sua capacità di altalenarsi tra scrittura orchestrale con rimandi alla tradizione del primo Novecento e l’avanguardia sonora più radicale. Solo una mente aperta e curiosa può ottenere simili risultati».
Prossimi progetti?
«Aldo e io stiamo per affrontare la nuova serie de L’ispettore Coliandro per la regia dei Manetti con cui da anni lavoriamo. Con loro abbiamo pronto un musical, Ammore e Malavita, su cui puntiamo molto. E il 9 maggio, in occasione del nostro ventennale, facciamo uscire il docufilm Suonare il cinema che, partendo dalla registrazione di un nostro concerto racconterà la nostra storia con l’ausilio di molto materiale di repertorio».

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