“The Startup”: la recensione

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Id. Italia, 2017 Regia Alessandro D’Alatri Interpreti Andrea Arcangeli, Paola Calliari, Matilde Gioli, Massimiliano Gallo Distribuzione 01 Durata 1h e 37’ 

Al cinema dal 6 aprile 2017

IL FATTO — Ispirato alla storia vera di Matteo Achilli, fondatore di Egomnia. Il diciottenne Matteo vive con la famiglia alla periferia di Roma e capisce presto che il futuro, per uno come lui senza “spinte” importanti, non sarà facile: suo padre perde il lavoro e alle gare nazionali di nuoto gli viene preferito il figlio dello sponsor. Matteo ha un’idea fissa: vuole che ognuno abbia la possibilità di affermarsi in base a quanto vale. Così inventa Egomnia, un social network che fa incontrare la domanda di lavoro e l’offerta delle aziende calcolando il merito dei candidati. Banche e web agency però non gli danno fiducia: Matteo decide di autoprodurre la sua startup, trasferirsi a Milano e iscriversi alla Bocconi per tentare di lanciare Egomnia sul mercato, e cambiare la sua vita.

L’OPINIONE – Per i media, Matteo Achilli è il “Mark Zuckerberg italiano”, un ragazzo che ha fondato un portale ambizioso con poche migliaia di euro. I numeri di Egomnia non sono certo quelli di Facebook o Linkedin, e anzi l’effettivo successo economico dell’impresa è piuttosto controverso, ma ciò nonostante la storia vera da “self-made man” del giovane sembrava fatta apposta per sbarcare sullo schermo, ed è una buona occasione per riparlare di meritocrazia. L’ha pensato pure Alessandro D’Alatri, il regista di Senza pelle e Commediasexi, che torna al cinema a sei anni da Sul mare, dopo aver scritto «un sacco di sceneggiature che si sono infrante sugli scogli dell’indifferenza», essersi dedicato alla sua passione di sempre, la pubblicità, e aver raccolto la sfida di diventare direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo nonostante, fisicamente, il teatro a L’Aquila non sia ancora risorto dopo il terremoto. È il suo primo film su una sceneggiatura già pronta: «Me l’ha mandata il produttore Luca Barbareschi: sono rimasto colpito dal fatto che era il biopic di un ventenne», dice D’Alatri. «Poi ho incontrato Matteo Achilli, un ragazzo onesto, senza grilli per la testa. Sembrava che raccontando la sua vita stesse anche parlando delle mie radici: so quant’è difficile uscire dalla periferia quando c’è uno stipendio che fa  arrivare a malapena a fine mese. Poi l’ho visto a Milano a una convention in cui presentava Egomnia in campo internazionale: ho visto il rispetto che Matteo si era guadagnato davanti agli amministratori delegati di grandi realtà come World Economic Forum, Microsoft, Vodafone. Per la prima volta un giovane veniva apprezzato dal gotha. Non sembrava neppure una storia italiana, ma un racconto americano.ho capito che dovevo farne un film». 

La sceneggiatura non nasconde  le difficoltà affrontate da Matteo (interpretato dal bravo Andrea Arcangeli, che si è fatto le ossa anche nella serie Tv I fuoriclasse), dalle notti insonni davanti al pc con lo spiantato programmatore (l’attore Luca Di Giovanni, una vera sorpresa) alla nostalgia per la fidanzata Emma (Paola Calliari), dalle tentazioni del turbine milanese (incarnate nella “bocconiana” Matilde Gioli) fino alle lusinghe della stampa, arrivate forse troppo presto. Soprattutto, la complicata ricerca di equilibrio di chi assaggia il successo a vent’anni. Però, dice D’Alatri, «la sua storia dimostra che “si può fare”, in un momento in cui le generazioni si fronteggiano in cagnesco. Non è vero che in Italia si fanno poche startup di successo, ma per la pressione fiscale vengono spesso depositate all’estero. Matteo invece ha portato Egomnia a Matera, ha dato lavoro a 20 giovani e ha messo in contatto con le aziende 60mila persone». Un modo diverso di guardare ai ragazzi d’oggi: «Il cinema ci parla spesso di una gioventù borderline, di storie di emarginazione, violenza, tossicodipendenza. Qui raccontiamo i ragazzi di cui non ci si occupa mai, quelli che si rimboccano le maniche e provano a farcela». Come gli attori protagonisti, «scelti per il loro talento, com’è nello spirito del film». E sono proprio loro la chiave di The Startup, capaci di arricchire di sfumature l’impianto da classica epopea del riscatto. Per una volta, tutta italiana.

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