Bob Dylan, 80 anni anche al cinema

Raggiunge un traguardo importante una vera leggenda del XX secolo, che ha attraversato anche l’arte cinematografica. Vediamo come

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Bob Dylan e i cuori di fuoco

Il film si chiama Hearts of Fire, è diretto da Richard Marquand ed è un road movie musicale dall’impianto classico, con la rockstar al tramonto che sceglie un’erede e che nel viaggio incontra un se stesso giovane. Niente di trascendentale, ma vedere Dylan duettare con Rupert Everett sicuramente è curioso, mentre nei panni della giovane aspirante troviamo Fiona, su cui il film d’altronde è costruito, dato che doveva servire a lanciare una carriera musicale che non rispettò le aspettative.

Girl from the North Country

Una delle canzoni più belle, struggenti e romantiche di Dylan è Girl from the North Country ed è stata usata magistralmente nella colonna sonora de Il lato positivo, nella versione incisa in coppia con Johnny Cash.

Ma dal 2017 è anche il titolo di un musical bellissimo, andato in scena all’Old Vic di Londra per la prima volta e scritto e diretto da Conor McPherson. E chissà che prima o poi non diventi un film.

L’Oscar, I’m not There e Llewyn Davis

Soffermiamoci solo su altri due momenti del rapporto tra Dylan e il cinema. Il primo è il premio Oscar, per cui il cantante è stato in corsa, vincendolo, una sola volta. Era il 2001, l’anno de Il gladiatore, e tra i candidati c’è anche un bel film di Curtis Hanson, Wonder Boys, per cui il regista riesce a convincere Dylan a scrivere un pezzo originale, dal titolo Things Have Changed.

Durante la serata degli Oscar Bob Dylan è in tour in Australia e accetta di eseguire il pezzo in diretta via satellite. Quando viene aperta la busta e scopre di avere vinto l’Oscar, per la prima volta si scopre un artista quasi emozionato, a dimostrazione che il suo rapporto con il cinema è stato per lui molto più stretto di quanto abbia mai effettivamente dimostrato.

Il carattere di Bob Dylan viene colto in pieno da un grande autore come Todd Haynes che ne racconta la vita facendolo interpretare da sei diversi attori che impersonano altrettanti personaggi in I’m not There (in italiano Io non sono qui, titolo che in realtà stravolge il senso dell’originale). Ne viene fuori una biografia apocrifa e perfetta, oltre che un film dalla struttura geniale. Un rompicapo magnifico e misterioso. Proprio come Mr. Zimmermann.

E ci congediamo partendo dall’inizio, ovvero dal finale di Inside Llewyn Davis, quando sul palco sale un ragazzo che fa capire a Davis molte cose sulla sua vita. E che lo prende a pugni molto più di quel marito arrabbiato nel vicolo.

In fondo è quello che ha fatto Bob Dylan per sessant’anni. Ci ha preso a pugni con le sue parole e la sua musica per raccontarci quello che non andava nel mondo. Un giorno ci mancherà, ma ancora non lo sappiamo.