Iddu, intervista a Giuseppe Tantillo

Dal 10 ottobre al cinema

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Giuseppe Tantillo, Iddu

Presentato alla 81ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Iddu di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia è ispirato ad una porzione della vita di Matteo Messina Denaro nel lungo periodo della sua latitanza. Nel film, al cinema dal 10 ottobre, Elio Germano interpreta il boss mafioso con Toni Servillo nei panni del suo padrino con cui comincia a scambiare una pericolosa corrispondenza segreta.

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Nel ruolo del genero del personaggio di Servillo troviamo Giuseppe Tantillo che ha raccontato a Ciak la sua esperienza nel film.

Pino Tumino è il genero di Catello (interpretato da Toni Servillo), qual è il suo ruolo nel racconto di Iddu?

Pino Tumino è un uomo candido che agisce in un contesto nel quale il candore non è considerato un valore. È l’opposto di Catello (che se lo ritrova in casa essendo il fidanzato della figlia) ed è considerato dal suocero un cretino. Parola che nel racconto di Iddu va sempre intesa nell’accezione che ne diede Sciascia in alcuni dei suoi più celebri romanzi, laddove per cretino non s’intende colui che è privo di intelletto, bensì colui che, privo di cinismo, vive nell’incanto. Cretino è un aggettivo che ha una storia letteraria importante in Sicilia, che va da Sciascia appunto, fino a Brancati e Pirandello. L’arco del personaggio va dunque letto tenendo conto di queste coordinate”.

Quali aspettative aveva per questa storia e com’è stato interpretare questo ruolo?

All’inizio ero abbastanza preoccupato. Quando Antonio e Fabio mi hanno offerto il ruolo pensavo che si fossero sbagliati. Era un personaggio molto lontano da quelli che avevo interpretato in passato e non sapevo dove andare a cercarlo dentro di me. Loro però sembravano sicuri, e più lo sembravano più io mi sentivo spacciato. Poi alla fine ho capito. Il personaggio di Pino Tumino è portatore di tenerezza, quindi la questione era di trovare il modo per far emergere questa tenerezza senza descriverla. E come spesso accade si è trattato di togliere e non di aggiungere. Ho dunque lavorato sottraendo al personaggio ogni forma di vanità. La tenerezza può infatti emergere solo in assenza di vanità ed è sorprendente l’umanità che si può ritrovare liberandosi di quell’autocompiacimento che ormai pare essere imprescindibile per ogni essere umano”.

Sul lavoro con Antonio Piazza, Fabio Grassadonia e al fianco di Servillo.

Il lavoro con Antonio e Fabio lo abbiamo fondato sulla fiducia reciproca. Io mi sono fidato del loro intuito e della scrittura e loro delle mie scelte attoriali. Ci siamo confrontati a lungo e abbiamo letto più volte le scene insieme, ma senza mai cercare il risultato. È stato un grande privilegio poter lavorare senza la fretta di confezionare un prodotto. Un po’ come a volte avviene in teatro durante la prima settimana di prove, quando il debutto sembra lontano e il tempo creativo infinito. Così quando siamo arrivati sul set non l’avevamo mai attraversata in modo compiuto, ma avevamo parlato e ci eravamo capiti. E questo ci bastava. Per quanto riguarda il lavoro con Toni Servillo è stato molto naturale. Toni è un compagno di scena leale e generoso, oltre che un uomo molto simpatico. E in più, è un uomo di teatro. E per me che mi sono formato all’Accademia d’arte drammatica e che non ho mai smesso (e mai lo farò) di frequentare il palcoscenico, è come incontrare qualcuno che è cresciuto nel mio stesso quartiere, anche se in anni diversi e in città lontane”.