Il filo invisibile, i tanti colori delle famiglie arcobaleno

Il regista Marco Simon Puccioni e gli attori Francesco Scianna e Filippo Timi parlano della commedia Il filo invisibile che ruota intorno a una famiglia omoparentale.

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Gioie e dolori, segreti, bugie e tutto l’amore che c’è in una famiglia omoparentale, raccontati in una commedia affettuosa e brillante, intelligente e onesta, diretta da Marco Simon Puccioni, interpretata da Filippo Timi, Francesco Scianna, Francesco Gheghi, Giulia Maenza, Matteo Oscar Giuggioli, Jodhi May, Valentina Cervi, prodotta da Valeria Golino e Viola Prestieri, su Netflix dal 4 marzo.

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Tutto comincia quando Leone, 16 anni e due papà, Simone e Paolo, nato in California grazie all’americana Tilly, comincia a lavorare a un video per la scuola in cui parla della sua famiglia e delle lotte per i diritti a cui i genitori hanno partecipato. Ma proprio quando, schivando pregiudizi ed equivoci intorno alla propria sessualità, sta per vivere la sua prima storia d’amore, l’unione di Simone e Paolo inizia a incrinarsi spingendo il ragazzo a riflettere sulla vera natura del legame con i suoi padri e con coloro che hanno voluto la sua nascita.

Se nei documentari Prima di tutto (2012) e Tuttinsieme (2020) il regista raccontava la propria famiglia arcobaleno con due padri e l’arrivo di due gemelli, ne Il filo invisibile il campo si allarga, la finzione rende il tema più condiviso e universale, che va ben oltre una semplice “militanza”.

«Ho assunto il punto di vista del figlio della coppia per spingermi più avanti. La mia è una famiglia unita, ma la mancanza di diritti si sente quando questo tipo di famiglie vanno in crisi e devono confrontarsi con la legge, che non tutela soprattutto i figli. Il filo invisibile parla dei diritti di una famiglia a partire dai suoi disastri, non si rivolge in particolar modo a genitori gay e ci costringe a interrogarci su cosa fa di noi dei genitori e dei figli. Paolo e Simone non hanno mai voluto sapere chi fosse il padre biologico, la famiglia è un insieme di relazioni, di sentimenti, avvenimenti, informazioni, emozioni, parole, processi chimici, scambi molto complessi. E uno dei diritti che mi interessa rivendicare è quello di non dover essere necessariamente perfetti: Paolo e Simone non sono migliori degli altri solo perché devono dimostrare di essere al di sopra di ogni sospetto».

Il filo invisibile è inoltre è uno dei primi film a fare i conti con una generazione nata da genitori omosessuali. «Stando agli studi fatti sia in Italia che all’estero, e premesso che nessuno può garantire la felicità di un altro essere umano, il benessere di questi ragazzi è accertato. Non sembrano avere particolari difficoltà rispetto agli altri, anzi, dimostrano una maggiore apertura e tolleranza». Non passa inosservato il ruolo di Tilly, la “madre surrogata”, che nel film viene invece chiamata “dede”. «In casa abbiamo coniato questo termine in sostituzione di “madre surrogata”, “portatrice”, che non rientrano nel vocabolario affettivo di una famiglia».

C’è un filo invisibile che unisce anche il regista a Timi, Scianna e Golino, che nel 2013 avevano interpretato il suo Come il vento. «Filippo è esuberante, generoso – continua Puccioni – Francesco è metodico e scrupoloso. C’è ancora tanta omofobia anche tra gli attori, molti hanno paura di apparire gay, ma Scianna non ha avuto paura di mettere in dubbio la propria identità sessuale». Scianna: «Il film afferma con chiarezza come l’elemento fondamentale nel nucleo famigliare sia l’amore, il rispetto dei bisogni e dei desideri dell’altro. Ci sono molti temi sui cui riflettere, è la prima volta che mi avvicino a un personaggio del genere. Ho fatto le mie ricerche sulle lotte per i diritti delle famiglie omoparentali – vergognoso che oggi non tutti siano liberi di desiderare ciò che vogliono anche se non limitano la libertà degli altri – e mi sono chiesto fino a dove l’uomo si può spingere per il proprio desiderio. La famiglia è il luogo dove si respira amore, dove ti senti sicuro di essere te stesso, dove si crea dialogo e ci si può spogliare sapendo di essere accolti con le proprie fragilità e diversità».

L’attore, che ha da poco interpretato le riprese di Conversazioni con altre donne di Filippo Conz, remake di un film americano, dice ancora: «Con Puccioni e Timi è stato un nuovo meraviglioso incontro dopo il primo lockdown, che per me è stato un periodo molto fecondo di crescita e formazione. Bello tornare a lavorare con Filippo con cui si danza in scena senza sapere mai cosa t’aspetta. Fin dal provino poi ho sentito di parlare la stessa lingua di Marco nonostante andassi, libero da schemi e pregiudizi, verso un personaggio molto diverso da me. Il contatto con il corpo di un uomo non mi imbarazza e i personaggi fornivano già in sceneggiatura spunti interpretativi forti. La mia scena preferita? Quella che vede Leone, la sua fidanzatina e il fratello di lei sorpresi in bagno da chi non riesce a decifrare ciò che vede».

«È interessante che oggi si possa fare una commedia su temi che qualche decennio fa neanche esistevano», commenta Timi. «Il vero traguardo è far capire che le famiglie omoparentali, nel bene e nel male, sono uguali alle altre, altrimenti si scivola nell’idea che due genitori che si sono “guadagnati” il diritto a una famiglia, debbano essere necessariamente super».

E continua l’attore, che nei prossimi mesi vedremo in Otto montagne di Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, Il principe di Roma di Edoardo Falcone e nel nuovo film di Renato De Maria. «Conosco Francesco Scianna da molto tempo, mi sono accorto subito di quanto era bravo, c’è stima tra noi, facciamo tanto teatro, parliamo di tutto, abbiamo lavorato entrambi con lo stesso coach attoriale, Michael Margotta. La scena in cui lui va a parlare con il figlio sotto scuola cercando di portarlo a pranzo mi ha fatto piangere. La materia arriva dall’esperienza personale di Puccioni, che ha preso temi a lui molto cari creando grande libertà inventiva per personaggi e situazioni. Abbiamo seguito la sceneggiatura di questa commedia sofisticata, con equivoci, non detti e continui ribaltamenti e il mio personaggio è quello più comico, che può spingere energie un po’ sopra le righe. Il tema non è l’esaltazione di una fami- glia arcobaleno, ma lo scoppio di una crisi e Marco è bravo a sottolineare la normalità di quelle situazioni che molti forse giudicano diversamente».