Il Padrino, l’incredibile storia del film che ha cambiato il cinema

50 anni fa usciva Il Padrino di Francis Ford Coppola: segreti, retroscena e curiosità sulla travagliatissima nascita di uno dei film più amati della storia del cinema

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«Il Padrino è un successo storico di proporzioni senza precedenti», così la bibbia dello showbiz Variety scriveva nel 1972, poco dopo la première del film di Francis Ford Coppola. In quei giorni il regista era barricato in una stanza d’albergo a Parigi, impegnato a scrivere la sceneggiatura de Il Grande Gatsby (film che sarebbe poi uscito nel 1974, diretto da Jack Clayton e interpretato da Robert Redford e Mia Farrow). Ma perché Coppola aveva fatto una scelta così insolita (va ricordato che il primo tentativo di adattamento del romanzo di Francis Scott Fitzgerald realizzato da Truman Capote era stato respinto dalla produzione del film, perché troppo «confuso») invece di godersi il lancio nelle sale del suo tormentato capolavoro?

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La risposta l’ha offerta lui stesso anni dopo, spiegando candidamente: «Il Padrino era un film molto poco apprezzato mentre lo stavamo girando, la produzione ne era scontenta: non gli piaceva il cast; non gli piaceva come stavo girando il film e durante le riprese ero sempre sul punto di essere licenziato. Io ero piuttosto giovane ed è stata un’esperienza da incubo: avevo tre figli, vivevamo in un piccolo appartamento e quando tutto è finito non avevo più soldi e non ero affatto sicuro che il film avrebbe avuto successo, né che avrei mai trovato un altro lavoro, così ho accettato. Avevo letto Gatsby ma non lo conoscevo molto bene; credo che l’idea di affidarmene la riscrittura sia venuta da Robert Redford, dato che ne avevo fatta una per Come eravamo che era piaciuta a lui, al regista Sydney Pollack e al produttore Ray Stark».

Da allora in poi Coppola non ha mai smesso di affrontare ciclicamente momenti di grave crisi economica, ma quella per Il Grande Gatsby è stata l’ultima sceneggiatura scritta per un altro regista: visto che ormai era diventato lui stesso uno dei più riveriti padrini del nuovo cinema di Hollywood.

La portata rivoluzionaria del film è comprensibile se si ricorda che, prima del Padrino, i film polizieschi avevano tutti una struttura simile, raccontando l’ascesa e la caduta del criminale di turno. Negli anni ’30 i gangster erano mostrati al cinema come un prodotto della privazione sociale, negli anni ’40 come personaggi psicotici e negli anni ’50 e ’60 come membri quasi senza volto delle organizzazioni criminali. Dal Padrino in poi tutto cambia: al centro della narrazione c’è la famiglia, una famiglia dove si può discutere con la stessa serietà e leggerezza sulla ricetta dello stufato, così come del piano di sterminio delle famiglie rivali, con le spietate esecuzioni dei nemici a punteggiare e ritmare la narrazione. Soprattutto, questa è la più grande novità, non c’è più la caduta con cui ogni film precedente segnava la fine della carriera del gangster di turno, perché l’unica cosa a crollare qui sono gli eventuali impedimenti morali dei protagonisti, il giorno che questi dovessero ostacolare la costante crescita del potere criminale della propria famiglia.

Ma quali sono state le difficoltà che Coppola ha affrontato prima e durante le riprese del film? Tanto per cominciare non era lui la prima scelta della Paramount per dirigere Il Padrino: il lavoro era stato inizialmente offerto al nostro Sergio Leone, che lo ha rifiutato perché già impegnato nella lunghissima stesura della sceneggiatura del suo C’era una volta in America; dopo Leone era stato avvicinato Peter Bogdanovich, ricevendo un secondo rifiuto, perché impegnato con Ma papà ti manda sola?. Sam Peckinpah fu invece scartato non appena rivelò l’intenzione di trasformare il romanzo di Mario Puzo in una sorta di western in salsa gangster. Secondo Robert Evans, a capo della Paramount Pictures in quegli anni, anche Coppola inizialmente non voleva dirigere il film, temendo che questo avrebbe glorificato la mafia e la violenza, gettando un’ombra sulle sue origini italiane. Evans però voleva a tutti i costi un regista italo-americano, anche perché i precedenti film sulla mafia avevano fatto flop al botteghino e lui voleva un film dove si potesse «sentire il gusto degli spaghetti».

I problemi tra Coppola e la produzione sorsero immediatamente al momento del casting, con la Paramount che per la parte di Don Vito Corleone aveva pensato a Ernest Borgnine, Edward G. Robinson, Orson Welles, George C. Scott, o Gian Maria Volonté, mentre Coppola era indeciso tra Laurence Olivier e Marlon Brando, optando poi per quest’ultimo perché Olivier era troppo vecchio e malato per recitare. Dopo aver imposto Brando, bestia nera di Hollywood, Coppola dovette combattere una strenua battaglia per ottenere Al Pacino nel ruolo chiave di Michael Corleone, arrivando addirittura sul punto di essere licenziato.

Come se non fossero bastati i problemi interni, il produttore Al Ruddy ricevette una “visita” non propriamente amichevole di Joe Colombo, uno dei capi delle cinque famiglie criminali di New York ed è questo il motivo per cui nel film non sono mai pronunciate le parole “Mafia”, “Cosa Nostra”, “Camorra” e simili. Una censura preventiva richiesta dai mafiosi veri che, bizzarramente, visto il successo del Padrino, ne sono poi rimasti affascinati, adottandone il linguaggio e gli stilemi. Inutile a proposito fu la raccolta fondi per boicottare il film organizzata da Frank Sinatra, che aveva anche assalito Mario Puzo in un ristorante dandogli dell’informatore e si sentiva diffamato ritenendo di essere lui il modello su cui era basato il personaggio del crooner mafioso Johnny Fontane, interpretato da Al Martino.

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Con Il Padrino Coppola aveva messo in gioco tutto se stesso e la sua famiglia, come dimostrano anche le scelte di troupe e casting: il padre Carmine ha contribuito alla colonna sonora di Nino Rota, mentre sul set, oltre a sua sorella Talia Shire (nel ruolo di Connie Corleone), ci sono anche i figli Gian-Carlo e Roman, che appaiono come figli di Tom Hagen, mentre il neonato battezzato in chiesa, durante il massacro ordito da Michael Corleone, altri non era che la figlia Sofia, nata durante le riprese.

Si era giocato tutte le carte che aveva a disposizione e ha vinto a mani basse.