Barbara Ronchi, da Venezia a Venezia. “E ora un ruolo da protagonista”

L’attrice ospite della rassegna romana curata da Alessandro Piva si racconta a Ciak su passato presente e futuro

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Barbara Ronchi

La sua serata a Sgarbatellum 2021, la rassegna romana con al direzione artistica del regista Alessandro Piva che ha per cornice uno dei quartieri più popolari e affascinanti della Capitale, è quella di venerdì 6 agosto, per presentare Padrenostro di Claudio Noce. Ma Barbara Ronchi, uno dei volti femminili più apprezzati del cinema e della televisione italiana degli ultimi anni, era anche una componente della famiglia di Francesco Bruni in Cosa sarà, presentato dallo stesso regista la sera prima.

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Barbara Ronchi ha lavorato per Marco Bellocchio in Fai bei sogni e ha partecipato a belle opere prime che hanno vinto premi in giro per il mondo. Versatile, spazia dalla commedia al dramma senza problemi, così come dal grande al piccolo schermo, si è fatta notare per il suo talento, ma anche per una discrezione rara nel panorama cinematografico.

L’abbiamo raggiunta telefonicamente alla fine di una giornata di riprese sul set per parlare della sua carriera e delle sue scelte per il futuro.

Barbara Ronchi, partiamo dai due film scelti da Alessandro Piva per Sgarbatellum.

E che oltretutto ho girato davvero uno dietro l’altro, ho finito Padrenostro e subito iniziato Cosa sarà. Sono state due esperienze stupende, sia umanamente che professionalmente, sia Claudio Noce che Francesco Bruni sono autori che ho sempre stimato ed entrambi i film sono assolutamente personali e parlano di punto di svolta nella loro vita. Far parte di due progetti così intimi ti fa sentire quasi come una persona di famiglia, affidandoti qualcosa di veramente prezioso.

Barbara ronchi
Barbara_Ronchi sul red carpet di Padrenostro a Venezia 77 – Credits La Biennale di Venezia – Foto ASAC photo Giorgio Zucchiatti

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Due ruoli molto belli, entrambi da non protagonista ma che rimangono impressi nello spettatore. Forse è arrivato il momento per un ruolo da protagonista.

Guarda, in realtà per me sono le storie che contano, protagonista o meno non fa troppa differenza. Ma comunque è arrivato, sarò la protagonista dell’opera prima di Giulia Steigerwalt, una bravissima sceneggiatrice che ha tratto il film dal suo cortometraggio dal titolo Settembre.

Perché non sia successo fino adesso non lo so, ma non è mai stato un problema se un regista alla fine ha scelto un’altra, avranno avuto tutti i loro motivi. Così come sono sicura che quello che di buono fai prima o poi ti torna indietro.

Parlando di opere prime, ne hai fatte e di molto belle, come Sole di Carlo Sironi, ma anche Mondocane, che sarà in concorso alla Settimana della Critica a Venezia 78. Storie particolari, come hai detto sono queste che ti smuovono.

Perché mi piace far parte di qualcosa che tutti universalmente possono riconoscere come bello. È questo che voglio cercare di fare sempre, poi chiaramente non è semplice e bisogna fare delle scelte, talvolta c’è anche curiosità.

Quest’anno per esempio ho girato l’opera prima di Tommaso Paradiso, un po’ la mia follia del 2020, però la sceneggiatura era bella e con lui mi sono trovata molto bene, quindi poi vedremo che cosa sarà. Però insomma, a volte anche dei colpi di testa.

Oltre al cinema, hai raggiunto una grande popolarità grazie alla serie televisiva su Imma Tataranni, il magistrato creato dalla penna di Mariolina Venezia. Come vivi questa parte della tua carriera?

Imma è stato un regalo, per tante ragioni. Intanto perché ho conosciuto Francesco Amato che è un regista e una persona speciale. E poi perché abbiamo creato un bellissimo gruppo, con Vanessa Scalera, che oltretutto è un’amica da una vita, Massimiliano Gallo, Alessio Lapice.

Essendo tutti più o meno alla nostra prima esperienza televisiva non abbiamo fatto differenza rispetto a un film, nonostante i tempi della fiction siano molto più serrati sul set rispetto al cinema, giri anche sei, sette scene al giorno, ma lo abbiamo sempre fatto in scioltezza. Abbiamo da poco finito di girare la seconda stagione ed è stato come andare al campo estivo.

E poi il mio personaggio, Diana, è così solare, divertente, che è sempre un piacere rimettersi nei suoi panni.

Ultima domanda sul Festival di Venezia, dove torni per il terzo anno consecutivo. Cambia l’emozione o sta diventando una piacevole abitudine?

Tre volte non sono così tante, dai! Le emozioni sono sempre diverse, il primo anno con Sole è stato incredibile, sarà perché ero mamma da poco, ma alla proiezione a Venezia mi si è aperto il cuore e ho pianto tanto.

E poi c’è stata una specie di promozione, perché dopo essere stata con un film nella sezione Orizzonti, Padrenostro era in concorso e tornare al cinema l’anno scorso, in Sala Grande, anche se riempita per metà, tutti vestiti eleganti, è stato meraviglioso da una parte, ma ci sentivamo dei sopravvissuti in una bolla temporale.

E adesso con Mondocane, un film distopico su una realtà italiana, quella di Taranto, ambientato in un futuro non così lontano, potremo dire, anche con mascherine e distanziamento, che ci siamo anche quest’anno. E guardiamo al futuro.