“Io speriamo che me la cavo”: i ragazzi 30 anni dopo

Uno di loro, Adriano Pantaleo, sta realizzando il docufilm Noi ce la siamo cavata, che racconta i percorsi di vita degli ex allievi di Paolo Villaggio. E c’è anche Lina Wertmüller

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Noi ce la siamo cavata è un viaggio alla ricerca degli ex-bambini protagonisti del film di Lina Wertmüller Io speriamo che me la cavo. E l’ideatore del progetto è proprio uno di loro. Adriano Pantaleo interpretava Vincenzino, uno di quegli scalmanati e ribelli scugnizzi di un comune del napoletano che davano del filo da torcere al maestro elementare Sperelli, impersonato da Paolo Villaggio.

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«Questo docufilm celebra il trentennale di quel cult (le riprese sono iniziate nel 1991, anche se poi è uscito l’anno seguente, ndr), a cui sono legato indissolubilmente – spiega l’attore, oggi 37enne -. È anche un omaggio alla Wertmüller. Lina mi ha cambiato la vita. Se ho scelto questo lavoro, lo devo a lei».

Pantaleo spiega a Ciak com’è nata l‘idea del lungometraggio (in fase di ultimazione) diretto da Giuseppe Marco Albano, prodotto da Terranera e Mediterraneo Cinematografica, che arriverà prossimamente nelle sale, magari dopo la presentazione a un festival.

«Ho conosciuto Giuseppe due anni fa e ho scoperto che era un fan del film. Così ci siamo lanciati nell’impresa di ritrovare quei bambini e raccontare chi sono diventati. Io sono una specie di Virgilio che accompagna lo spettatore in questo viaggio».

Il docufilm raccoglie le testimonianze di Ciro Esposito (oggi attore professionista come Pantaleo) e degli altri interpreti della commedia drammatica del 1992, che hanno preso strade differenti. Da Mario Bianco, alias il piccolo Nicola amante delle brioche, che nella vita ha aperto a Torino una cornetteria, a Carmela Pecoraro, che avrebbe voluto proseguire la carriera di attrice, ma poi ha rinunciato. In Noi ce la siamo cavata c’è anche la Wertmüller, da subito entusiasta del progetto. «Con lei ho mantenuto un bel rapporto negli anni», dice Pantaleo. E, naturalmente, non mancherà il ricordo di Villaggio.

«La prima volta sul set, pensavamo di incontrare uno dei nostri miti: Fantozzi – racconta l‘attore -. E, invece, abbiamo conosciuto una persona riservata, un grande professionista. Nella mia memoria ho impresso un momento con lui. Giravamo una scena per strada e faceva molto freddo. Paolo mi fece mettere sotto al suo cappotto. Ci scattarono una foto dove dalla sua lunga giacca spuntavano le mie gambe. Sono cresciuto con questa immagine di lui che mi protegge”

Di Giulia Bianconi