Jean-Paul Belmondo è morto a 88 anni

Jean-Paul Belmondo è stato uno dei più grandi attori del cinema francese, l'immortale László Kovács di Fino all'ultimo respiro.

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Jean-Paul Belmondo

Jean-Paul Belmondo, uno dei più grandi attori del cinema francese, è morto a 88 anni.

Protagonista di una delle opere maggiormente rappresentative della Nouvelle Vague, Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard, Belmondo ha attraversato cinquant’anni di cinema francese lavorando con tutti i più grandi registi transalpini in film che sono entrati nella storia del cinema.

Belmondo, nato a Neuilly-sur-Seine il 9 aprile 1933, iniziò la carriera d’attore dopo essersi diplomato, al secondo tentativo, al Conservatoire national supérieur d’art dramatique, dove nei quattro anni di studi divise il suo tempo con altri studenti che sarebbero diventati suoi colleghi, come Jean Rochefort, Jean-Pierre Marielle e Bruno Cremer, con cui avrebbe anche lavorato in futuro.

Una carriera iniziata in teatro mentre ancora studiava, nel 1953, e che sei anni dopo lo avrebbe visto approdare al cinema, iniziando a lavorare quasi subito sia con giovani registi della Nouvelle Vague che avrebbero presto dato una scossa storica alla storia del cinema, che con un maestro come Vittorio De Sica, che lo volle nel ruolo del co-protagonista ne La ciociara (scelta dovuta anche al fatto che il film fosse una co-produzione italo-francese).

Era il 1960, Belmondo aveva già lavorato con Marcel Carné e dei giovani Claude Chabrol e Claude Sautet. Ma la rivoluzione era dietro l’angolo.

Fino all’ultimo respiro

Michel Poiccard, noto anche come László Kovács, il bandito protagonista di A Bout de Souffle, lo ha fatto entrare nella storia del cinema mondiale. Il film di Jean-Luc Godard creà un nuovo linguaggio, lui e la protagonista femminile, Jean Seberg, diventano icone di un cinema libero. E Belmondo diventa uno degli attori più richiesti, scelto da maestri come Jean-Pierre Melville, con cui gira Leon Morin, Lo spione e Lo sciacallo. Lavora spesso anche in Italia, con Mauro Bolognini, Sergio Corbucci, mentre in patria Philippe De Broca, uno dei maestri della commedia francese, capisce le potenzialità di Belmondo nel genere, grazie alla sua fisicità, alla sua naturale sfrontatezza, e naturalmente al suo talento.

Intanto torna altre due volte sul set con Godard e lo vuole anche Francois Truffaut per La mia droga si chiama Julie (La sirene du Missisippi, 1969).

L’anno dopo arriva il suo film forse di maggior successo, dove fa coppia con l’altro grande divo del cinema francese dell’epoca, l’amico Alain Delon. Borsalino è un gangster movie girato con i codici del cinema americano applicati al polar, il suo François Capella è un personaggio da antologia.

Gli anni Settanta lo vedono dedicarsi spesso a un cinema più d’azione, assecondando la sua naturale spericolatezza che lo portò anche a fondare una scuderia automobilistica e a correre nella 24 ore di Le Mans, passione che lo accomunava a Steve McQueen.

Verso la fine degli anni Ottanta torna a lavorare con regolarità anche in teatro, riprendendo un suo cavallo di battaglia, il Cyrano de Bergerac, spettacolo che manda in delirio il pubblico francese.

L’8 agosto del 2001 viene colpito da un’ischemia cerebrale che lo tiene lontano dalla vita pubblica per lunghi anni. Nel 2011 il Festival di Cannes gli consegna la Palma d’onore.

Nel 2016 la Mostra del cinema di Venezia gli conferisce il Leone d’oro alla carriera.

Jean-Paul Belmondo ha attraversato la storia del cinema con guasconeria e classe, lasciando ai posteri una galleria di personaggi magnifici, molti dei quali da riscoprire.

Il cinema ne aveva dovuto fare a meno da tempo, ma in ogni caso oggi l’arte del grande schermo è più povera. Sicuramente più triste.