Mario Martone: «quando faccio un film è come se prima avessi una visione»

Il regista di Nostalgia alla Festa del Cinema di Roma rivela i segreti della sua arte

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Mario Martone

Ha interrotto per un po’ la lavorazione del docu-film che racconterà la genialità e il mito di Massimo Troisi e, mentre il suo ultimo film, Nostalgia, si prepara alla lunga corsa alle candidature agli Oscar in rappresentanza dell’Italia, Mario Martone è intervenuto alla diciassettesima Festa del Cinema di Roma per condividere con pubblico e studenti la sua esperienza come regista.

Martone, che nel 1992 ha esordito al cinema con Morte di matematico napoletano, Gran premio della giuria alla Mostra di Venezia, ha aperto una finestra sul suo mondo creativo, il suo legame con Napoli e le sue più intime soddisfazioni.

Ho iniziato con il teatro molto giovane, avevo 17 anni. Erano gli anni ’70 e all’epoca Napoli era un incrocio di movimenti studenteschi e teatro d’avanguardia in un vivissimo panorama musicale e artistico”, inizia a raccontare il regista.

Per anni Martone si è dedicato al solo teatro e alla ricerca di sperimentazione portando anche il cinema sul palco. “Non dovrei dirlo, ma all’epoca avevo un apparecchio per le diapositive che usavo per proiettare sul fondo del palco scene prese dai grandi film che letteralmente rubavo”, confessa divertito il regista.

Mentre osservava i movimenti d’avanguardia del teatro dell’epoca, compì quello che lui definisce il suo “viaggio di formazione”. “Portavo a teatro un cinema selvaggio, contaminato, un ibrido – continua Martone – Quando, però, si concluse la parabola della compagnia che avevamo creato, Falso movimento, ho cominciato a confrontarmi con i testi originali e dentro di me si è liberata la possibilità di fare un film”.

Contemporaneamente tornò a crescere in lui l’interesse verso la sua città. “Qualcuno mi parlò di un certo Renato Caccioppoli, matematico, accademico, pianista e uomo di cultura, figura eccentrica e meravigliosa su cui c’erano tanti racconti”. Da qui nacque l’esperienza del suo primo lungometraggio, ma Martone aggiunge: “Un fatto significativo però mi legava a quest’uomo: lui era vissuto nello stesso palazzo in cui poi ho abitato io da ragazzo. Ho capito che la sua era la storia che volevo portare al cinema”.

Quel particolare ha in realtà segnato l’intera carriera del regista che dice: “La finestra della mia camera affacciava sulla porticina dove c’era la casa di Caccioppoli. Quell’immagine, quasi insignificante, si è caricata di una risonanza umana, una specie di mistero. Quella porticina ha fondato tutti i miei film successivi ed è diventata la soglia del mondo che io voglio raccontare”.

Svelato il piccolo segreto, Martone ha poi raccontato alcuni dettagli del suo modo di lavorare: “Faccio un film perché è come se prima avessi una visione. Se riesco a vedere il film allora posso cominciare il cammino per dare forma a quella visione”.

Anche dal punto di vista della sceneggiatura Martone ha un suo modo personale di guardare al lavoro: “Prima di essere prodotto il film è un processo e questa è la cosa più interessante”. Poi, rivolgendosi direttamente agli studenti di cinema, chiarisce: “Non sta nelle vostre mani fare un bel film, quello è compito del dio del cinema, ma voi potete costruire qualcosa che abbia senso”.

Entrando molto più nel dettaglio il regista spiega: “Il mio metodo non è mai cambiato. Non faccio storyboard, perché non so disegnare e non amo vedere una storia in modo troppo nitido, ma faccio molte fotografie che allego alla sceneggiatura per nutrire l’immaginazione. Ci metto mesi a lavorare su una sceneggiatura, ma le mie sono fatte anche di immagini. Vado nei luoghi in cui vorrei girare e scatto foto. Cerco di avere un’idea chiara, ma cerco di non fissarmi troppo. Non dico agli attori quello che devono fare, ma cerco di creare dei campi di forza, dare una serie di indicazioni per andare nella direzione che ho in mente. A me interessa dirigere l’energia altrui”.

Da Morte di un matematico napoletano a L’amore molesto, Capri-Revolution, Il sindaco del rione sanità, Qui rido io, Nostalgia, Martone passa in rassegna un po’ dell’esperienza di tutti i suoi film, per concludere l’incontro con un cenno più intimo e professionale al tempo stesso.

Con l’amore verso Ippolita Di Majo [la sua attuale compagna, ndr] è nato anche il lavoro di scrittura insieme, uno dei grandi doni che la vita mi ha fatto, un dono non scontato. Inizialmente facemmo l’adattamento delle ‘Operette morali’ per il teatro, che andò benissimo, e poi pensammo al film su Leopardi, Il giovane favoloso (2014), e da allora abbiamo scritto tutto insieme».