55a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema Pesaro, tutti i vincitori

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Juan Palacios

La 55ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (15-22 giugno) ha chiuso i battenti, con la tradizionale assegnazione dei premi. La giuria, composta dall’attrice Olimpia Carlisi, dal regista Amir Naderi e dall’attore Andrea Sartoretti, ha assegnato il premio Lino Miccichè, riservato alle opere in concorso a Inland/Meseta, dello spagnolo Juan Palacios.

In effetti si tratta di un’opera che per qualità e compatezza si è distaccata (e di parecchio) dalle altre, Inland/Meseta meriterebbe una distribuzione nelle nostre sale. Un documentario con fiction (o una fiction incrociata nel documentario, ovviamente con attori non professionisti) che ricorda un po’ nello stile poetico certe opere di Gianfranco Rosi, come Sacro Gra, per la commistione cercata tra la visione di un territorio “inusuale” e l’umanità che lo popola. In una porzione della Spagna centrale, ormai rarefatta dallo spopolamento, alcune figure sembrano resistere, quasi fantasmi di un passato agricolo e comunitario più vivace. Pastori di greggi, un duo musicale di lontana gloria, una coppia di arzilli ottantenni che scherzano tra loro, due bambine che girano tra boscaglia e sentieri cercando inutilmente dei Pokemon (era il tempo del videogame interattivo), un pescatore che racconta con autoironia le sue avventure sentimentali su internet, un venditore ambulante di pesci e vari altri. Una natura sospesa che il regista basco ha saputo raccontare anche con humour e delicata partecipazione emotiva, una conferma del successo della sua opera prima, Pedalò, segnalato a San Sebastian e in altri festival.

 

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Sul podio anche due menzioni speciali. That Cloud never Left, di Yashaswini Raghunandan è un curioso lavoro non fiction su una comunità in India che sbarca il lunario fabbricando fragili giocattoli, un film che, grazie anche a una eclisse, sconfina quasi nell’incantato; The Kamagasaki Cauldron War del giapponese Leo Sato, invece con la scusa della commedia grottesca (interpretata tutta da non professionsiti), qua e là sgangherata, pone l’accento sulla particolare situazione sociale di un quartiere disastrato di Osaka, abitato da poveracci, prostitute e gangsters, ma preda delle mire di alcuni speculatori.

Premi a parte, doveroso infine segnalare, la coerenza poetica dell’opera ( anche qui documentaria ma che sconfina nel saggio d’autore) dell’americana Lee Anne Schmitt, impegnata nella ricerca storica e nei contenuti forti, con la voce fuori campo che contrasta spesso le immagini. In particolare ci ha colpito Purge This Land (2017), una rilettura della storica “impresa” dell’abolizionista John Brown, alla vigilia della Guerra di Secessione, con occhi e orecchie (colonna sonora spesso jazz) bene aperti sull’oggi, sulla piaga della segregazione razziale negli Usa, non ancora sanata. E se poi dovessimo scommettere degli euro su una regista che potrebbe avere un gran bel futuro davanti, li punteremmo su Diana Toucedo che con Trinta Lumes, affronta la scomparsa progressiva di un mondo arcaico nel cuore montano della sua Galizia, là dove le tradizioni pesano ancora tantissimo, l’unità tra uomo e natura non è stata spezzata e il passaggio dal quotidiano al soprannaturale non è per nulla stravagante, anzi, piuttosto “naturale”.