Obi Wan Kenobi, Ewan McGregor: «Lavorare di nuovo con Hayden è stato adorabile»

L'attore torna nei panni del cavaliere Jedi in una nuova attesa serie da oggi disponibile su Disney+. Lo abbiamo intervistato

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LONDON, ENGLAND - MAY 12: (L-R) Hayden Christensenand Ewan McGregor attend the photocall for the new Disney+ limited series "Obi Wan Kenobi" at the Corinthia Hotel on May 12, 2022 in London, England. (Photo by Gareth Cattermole/Getty Images for Disney) Obi-Wan Kenobi will be exclusively available on Disney+ from May 27.

Era il 2005 quando, nelle scene finali di Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith di George Lucas, abbiamo assistito al feroce duello tra il cavaliere Jedi Obi- Wan Kenobi (Ewan McGregor) e il suo padawan e miglior amico Anakin Skywalker (Hayden Christensen), passato al Lato Oscuro della Forza. Sul pianeta vulcanico Mustafar la spada laser di Obi-Wan taglia le gambe e il braccio sinistro di Anakin che, giunto a contatto con un fiume di lava, è arso vivo. Obi-Wan, distrutto dal dolore, si allontana convinto che il suo giovane allievo sia morto. Sarà l’Imperatore a trasportare su Coruscant i resti del corpo di Skywalker in cui invece c’era ancora una stilla di vita, per farlo curare e dotare di protesi. Una volta rivestito Anakin dell’armatura nera che ne controlla le attività fisiologiche, nasce l’inquietante figura di Darth Vader, villain temuto e amatissimo al centro della seconda trilogia.

Obi Wan Kenobi

Diciassette anni dopo quel film, è giunto il momento di scoprire cosa abbia fatto Obi-Wan Kenobi nel periodo intercorso da quel triste giorno fino a quando lo abbiamo incontrato in Guerre Stellari (1977), incarnato da Alec Guinness. Il 27 maggio su Disney+, infatti, arriva la miniserie Ob-Wan Kenobi, sei episodi diretti da Deborah Chow in cui Ewan McGregor e Hayden Christensen riprendono i rispettivi ruoli, a completare un nuovo tassello del magmatico universo di Star Wars, in perenne espansione tra film, romanzi, fumetti, serie animate e live action. Ciak ha incontrato i protagonisti e la regista della serie per farcela raccontare in anteprima mondiale e il primo cui abbiamo posto domande, ovviamente, è stato Obi-Wan in persona.

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Ewan McGregor quando si situa questa serie nella cronologia di Star Wars?

Si dice siano passati 10 anni, ma non ne sono così sicuro: io direi che sono passati alcuni anni dalla fine del terzo episodio. Obi Wan ha perso il suo padawan, l’Ordine Jedi è stato massacrato e disciolto e lui è nascosto. I grandi Inquisitori danno la caccia agli Jedi sopravvissuti per eliminarli e cercano anche i bambini sensibili alla Forza per portarli via. Quindi Obi-Wan è un uomo distrutto e questo era quello che più m’interessava nel tornare al personaggio. Quando alla Disney mi hanno chiesto che ne pensassi ho detto che per me c’era una storia interessante da raccontare tra l’Episodio Tre e l’Episodio Quattro: mi affascinava interpretare questo personaggio, che conosciamo e amiamo, per mostrare gli effetti di quello che è successo alla fine del terzo Episodio: ora lui è un po’ perso e anche la sua fede è persa. È da lì che iniziamo, da Obi-Wan che si è nascosto e ha perso la fede.

Per un attore cosa significa riprendere i panni di un personaggio dopo tanti anni?
Quando l’ho fatto nel sequel di Trainspotting, l’ho trovato davvero interessante perché era come se fossi tornato direttamente nella mente del personaggio. La stessa cosa è successa con Obi Wan: interpretarlo di nuovo per me è stato come una seconda natura. Dal punto di vista tecnico, grazie ai set virtuali del Volume, queste riprese sono state molto meno impegnative di quelle che avevamo fatto vent’anni fa usando il green screen. Poi è stato adorabile lavorare di nuovo con Hayden: avevamo passato molto tempo insieme in Australia, quando abbiamo girato gli Episodi Due e Tre e questa è stata come una specie di riunione tra fratelli.

Lei ha sottolineato il progresso tecnologico delle riprese, ma come è stato passare dalla regia di George Lucas a quella di Deborah Chow?

Molto diverso. Quello del regista è un ruolo molto interessante: io posso lavorare con molti registi diversi, ma i registi possono lavorare solo con se stessi, loro non sono mai sul set con altri registi, a meno che non vadano in visita da un amico. Dal 2003, quando abbiamo girato La vendetta dei Sith, sono cambiate così tante cose che non paragonerei i due registi. Posso dire che Deborah è una leader straordinaria: conosceva questo mondo molto bene, conosceva i dettagli che il mondo di Star Wars ha creato nelle Clone Wars e mi ha sempre guidato in modo che fossi emotivamente al posto giusto. Poi, come ho detto prima, lavorare con le scenografie generate dal Volume è molto meglio per gli attori: sei immerso in un ambiente che puoi vedere e sentire e questo fa una grande differenza.

 

Prima di diventare Ob-Wan Kenobi che rapporti aveva con Star Wars?

Ho adorato Star Wars fin da bambino, pensa che mio zio Denis Lawson ha interpretato il pilota di X-wing Wedge Antilles in tutti e tre i film originali della saga, riprendendo poi quel ruolo anche in Star Wars: The Rise of Skywalker. Io e mio fratello conoscevamo ogni battuta del film del 1977, tanto che eravamo in grado di recitarlo per intero. Quindi quando mi hanno offerto questo ruolo volevo farlo ad ogni costo, però non volevo che definisse la mia carriera, perché volevo la libertà di poter continuare recitare qualunque altra cosa. Sono fortunato che sia andata proprio così. Quando, imbattendomi nei cacciatori di autografi, ho iniziato a incontrare persone che amavano davvero i tre film di Star Wars che avevo interpretato mi sono reso conto che i ragazzi delle generazioni più giovani provano per quei film proprio quello che io sentivo per la trilogia originale, per gli Episodi Quattro, Cinque e Sei. Trovo fantastico questo passaggio di consegne generazionale.

Una volta ha detto che più il tempo passava e più il suo Obi-Wan Kenobi avrebbe potuto avvicinarsi all’interpretazione che ne aveva dato Alec Guinness. Pensa che ora sia passato tempo a sufficienza per completare quell’avvicinamento?

Io ho cercato sempre di sentirmi come Alec Guinness, anche quando nel 1999 ho recitato in Episodio I – La minaccia fantasma. Il mio obiettivo, la mia sfida come attore, era sempre provare a interpretare questo personaggio creato da Alec dandone una versione giovanile. Da una parte c’era il personaggio che conosciamo e amiamo di Una nuova speranza, un uomo saggio e più anziano, tranquillo e riflessivo, mentre io dovevo interpretarlo come un 25enne che corre in giro per la galassia, brandendo la spada laser e volando sulle astronavi. Quella era la sfida: come fare a farlo percepire come lui? Il mio obiettivo è stato fin da subito far sentire Alec Guinness nel mio Obi-Wan, cercando di sentirmi come lui. Non saprei dire cosa significhi esattamente, ma quando lo interpreto sento che non vorrei mai essere un’imitazione, perché non funzionerebbe. Tutto deve avvenire a un livello più profondo, deve essere una sorta di fusione tra il mio Obi Wan e il suo, anche se cerco sempre di sentirmi un po’ come lui e di recitare un po’ come lui. C’è come un misuratore nella mia mente: se in un ciak sento che sono troppo simile a me e non abbastanza a lui, lo rifaccio fino a quando recito davvero come lui.