“Un film che sfida i politici dando voce a chi voce non ce l’ha”. Con Green Border (Zielona Granica) la regista polacca Agnieszka Holland porta in concorso a Venezia 80 il dramma umanitario dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia. Nel film, prossimamente al cinema con Movies Inspired, le foreste paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde” tra Bielorussia e Polonia sono il teatro di una crisi silenziosa e reale che riguarda l’Europa intera.
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IL FATTO
Attirati dalla propaganda architettata dal dittatore Aljaksandr Lukašėnko che promette un facile passaggio verso l’UE, migliaia di migranti provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa diventano pedine di una guerra sommersa tra Polonia e Bielorussia che chiama in causa l’Europa intera. Nel sottile spazio di confine che separa i due Paesi l’uno contro l’altro le vite di Julia, psicologa polacca e neo-attivista, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana in fuga verso la Svezia si intrecciano.
L’OPINIONE
Agnieszka Holland, già candidata agli Oscar nel 1990 per Europa Europa, con Green Border (Zielona Granica) torna a riflettere sul continente che rappresenta per buona parte dell’umanità il sogno della democrazia, della cultura e dei diritti, ma che al tempo stesso è tutt’ora teatro di alcuni dei peggiori crimini contro l’umanità.
Quattro capitoli intrecciano le storie di migranti, attivisti e militari al confine tra Polonia e Bielorussia in una striscia di terra tanto inospitale quanto strategica. Il racconto dei personaggi sembra inizialmente procedere su binari paralleli e distinti che però lentamente si intrecciano definendo via via con estrema chiarezza un quadro sempre più complesso, articolato e completo della crisi umanitaria in corso dal 2014.
Quattro capitoli
L’iniziale racconto delle vicissitudini sempre più tragiche vissute dalla famiglia siriana non si ferma ad un primo superficiale livello di semplice narrazione emotiva, ma consente di avere un approccio diretto con gli effetti devastanti delle teorie demagogiche anti-migratorie che Holland non si esime dal raccontare nel capitolo successivo del film dedicato ad uno dei soldati polacchi di stanza al confine, Jan.
Al tempo stesso la storia della psicologa Julia, interpretata da Maja Ostaszewska, attrice di fama in Polonia, apparentemente ancora più scollegata rispetto al precedente contesto, diventa il vero collante dell’intero racconto nel momento in cui questa sceglie di impegnarsi personalmente nel soccorso clandestino dei migranti.
Dal particolare all’universale
Per quanto sia quasi impossibile avere un accesso in prima persona a quelle aree, Holland racconta di aver voluto parlare con testimoni diretti della crisi al confine per realizzare Green Border (Zielona Granica). Quelle dei protagonisti sono storie quindi fondate su dati reali, ma attraverso il racconto di finzione dell’esperienza della famiglia siriana, del soldato Jan, di Julia e di tutte le figure che fanno da corollario, la regista e cosceneggiatrice, passando con maestria dal particolare all’universale, conferisce concretezza e umanità alla cronaca di una crisi oltre che umanitaria anche culturale e politica che riguarda l’Europa intera.
Lo sguardo della regista, che adotta un approccio etico volto a mostrare diversi punti di vista, sembra prima scendere in un racconto umano e personale molto preciso, che non risparmia il pieno coinvolgimento emotivo dello spettatore, per poi sapientemente riportare l’intera storia ad una prospettiva sempre più ampia e alta che consente di riflettere su una situazione geopolitica assai più complessa.
In tal senso anche l’epilogo del film, che nell’ultimo suo capitolo non dimentica un’altra recente crisi al confine polacco innescata dallo scoppio della guerra Russo Ucraina, offre uno spunto di riflessione significativo sui punti deboli della coscienza europea tanto sulle persone quanto sulla politica.
Lo stile
Holland sceglie uno stile quasi documentaristico, in un bianco e nero che esalta i tratti di terrore in un ambiente, quello boschivo, che invece potrebbe indurre ad una dimensione più fiabesca. Mentre la camera segue da vicino i personaggi, i loro volti, le loro emozioni, accompagnati dai suoni della foresta e turbati dall’irrompere dei rumori cupi e minacciosi prodotti dall’incedere delle pattuglie militari, che costantemente braccano i migranti in un ossessivo, brutale e illogico rimpallo da una parte all’altra del confine.
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Europa Europa (1990), film che per la stessa Holland rappresenta il punto di partenza per la riflessione su questo film.