THE QUIET GIRL, IL FATTO
Irlanda, 1981. Cait ha nove anni, vive in una famiglia numerosa e problematica. La madre, incinta per la sesta volta, decide di mandare la piccola a passare l’estate da una sua lontana cugina e suo marito, una coppia non più giovane, ma con tanto amore da dare a questa bambina che vivono come una benedizione e che aiutano a uscire dal suo guscio.
L’OPINIONE
resentato alla Berlinale 2022, The Quiet Girl è molto più di un classico coming of age. La scoperta da parte della piccola Cait che un’altra vita è possibile fa parte di un discorso ben più complesso. Tratto dal racconto Foster della scrittrice irlandese Claire Keegan, il film ha un sottotesto politico che lo rende ancora più potente. Il 1981 era l’anno degli scioperi della fame da parte degli attivisti di Sinn Fein rinchiusi nelle carceri inglesi. Cait riesce a rubare un’estate, lontana da una casa triste e impaurita e da un padre violento, fedifrago, forse anche qualcosa di peggio, e soprattutto inglese, come quelli che si sono presi il nord della verde Irlanda.
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Il film è recitato in gaelico, tranne le scene del padre, a sottolineare la differenza culturale e umana che c’è tra lui e la terra di cui Cait è figlia. Opera poetica e delicata, The Quiet Girl è uno di quei piccoli fiori cinematografici che spuntano nel cemento di un mercato sempre più standardizzato, e questa sua fragilità rende il film ancora più forte, grazie alla sicura regia di Colm Bairéad, la splendida fotografia di Kate McCullogh (sua anche quella della bella serie Normal People) e al cast, in particolare la piccola Catherine Clinch. La sua Cait ce la porteremo a lungo nel cuore.
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La ricerca di un mondo migliore per un bambino può essere immaginaria, come in Tideland di Terry Gilliam, o quasi magica, come in Petit Maman di Celine Sciamma, entrambi consigliatissimi.