The Ugly Stepsister, la recensione del Cenerentola body horror

Il debutto di Emilie Blichfeldt segue film come The Substance o Control Freak

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The Ugly Stepsister

Se vi siete un po’ stancati di vedere e rivedere il classico Disney sulla povera Cenerentola, la scarpetta, la zucca e via dicendo, forse il debutto alla regia della scrittrice e regista Emilie Blichfeldt potrebbe essere il film da vedere. Ricco di humor macabro e dalle venature horror molto fisiche (in linea con il dilagante ritorno in auge del Body Horror), il suo The Ugly Stepsister mette al centro della vicenda le due famose ‘sorellastre’ della fiaba, poggiando sulle spalle – e l’espressività – di una camaleontica Lea Myren una sinistra rivisitazione della stessa

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IL FATTO

Elvira (Lea Myren) sogna una vita da favola, quella delle poesie del principe Julian (Isac Calmroth), ma nella realtà le estreme difficoltà economiche in cui versano lei e la sorella minore Alma (Flo Fagerli) spinge la madre Rebekka (Ane Dahl Torp) a sposare l’anziano e facoltoso Otto (Ralph Carlsson). Che purtroppo muore durante la prima notte di nozze, rivelando una situazione peggiore della loro e scatenando le mire dei creditori. Mentre il corpo dell’ex capofamiglia giace a marcire in una stanza sul retro in attesa di avere i soldi per interrarlo e la sua figlia legittima Agnes (Thea Sofie Loch Næss) viene trattata come una sguattera, l’unica speranza è il ballo organizzato a corte. In quella occasione il principe sceglierà la sua consorte e per riuscire a essere la prescelta Elvira accetta di sottoporsi a ogni tortura e sevizia da parte della madre, fissata con una serie di interventi estetici che dovranno far dimagrire la figlia e renderla la più bella della serata. Effettivamente la bellezza nascosta di Elvira riesce a emergere, ma tutto ha un prezzo.

L’OPINIONE

Non siamo nel alveo delle derive splatter delle versioni horror dei classici Disney (da Winnie the Pooh e Peter Pan a Mickey Mouse), ma certo la Cenerentola di zio Walt è poco più di un riferimento per la fiaba dark di IFC Films presentata in anteprima mondiale al Sundance Film Festival. Comunque utile per fornire contesto e caratterizzazione a dei personaggi che vediamo protagonisti di un vero e proprio ribaltamento, mostrati in maniera diversa dal solito e riletti dal punto di vista di una delle iconiche sorellastre, della quale scopriamo un lato meno oscuro e più dolente dietro l’immagine superficiale che ne abbiamo dal 1950.

E c’è un innegabile gusto, anche visivo (elemento forte del film), e più di un pizzico di humour sadico, nella costruzione di una situazione sfruttata alla perfezione per mettere in scena una satira crudele della moderna “tirannia della bellezza e della normalizzazione dell’immagine corporea”, come si legge nella presentazione della regista premiata a Locarno nel 2018 (non nuova a certe provocazioni e a un forte impegno femminista). Dietro una maschera distopico-fiabesca – già di per sé inquietante – e in nome di supposti standard estetici, vediamo la povera Elvira sottoporsi a drastici interventi ossei e non solo, ingurgitare una pillola miracolosa (che i più maturi ricorderanno non essere frutto di fantasia) fino all’estremo sacrificio che le consenta di rientrare nei canoni indispensabili all’accettazione.

A decidere per lei sono una fatina politically correct, ma poco umana, un non troppo raccomandabile dottor esthétique, disponibile a pagamenti in natura di vario genere, una madre ben disposta a fornirli, avendo ritrovato la sua ‘libertà’ e poco dotata di spirito materno… E una regista ricca di (auto)ironia e “fluent in sarcarsm”, pronta a farne – in nome del messaggio – carne da macello. Letteralmente. Sia quando indulge sulle rotondità della sua eroina (come lei fa in dolcetti e sfizi), sia considerato il disturbante crescendo, dal primo piano di un punto nero a quello di moncherini e sangue del finale. Che chiude una favola capace di includere gli ammiccamenti ai Monty Python e Marie Antoinette (o La mosca, Animal House e Lady Chatterley, con annesso stalliere hot) e una serie di assurdità, divertite schiettezze, tragedie talmente estreme da regalare momenti di ridicolo.

Che pure non impoveriscono il contenuto del film, che pur restando fedele al classico, del quale segue le tappe ‘obbligate’ senza dar loro particolare risalto, lo osserva – dietro o davanti che sia – attraverso un continuo gioco di specchi (accompagnato da immagini distorte e musiche dissonanti). Tra Elvira e la apparentemente angelica Agnes, la vera Cenerentola, o la sorella, completamente diversa e dalla parabola indipendente, tra il suo sogno e l’incubo nel quale si trasforma, tra l’immagine che avevamo della sorellastra e la sua trasformazione nella perfetta vittima di un horror. Con una chiusura alla Jane Austen, nella quale l’egoista e dissoluta matrigna – tutto sommato, a meno di fraintendimenti – fa la cosa più ‘da madre’ di tutto il film.

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Il Body horror è un sottogenere che vive in questi mesi una netta riscoperta, forse il merito principale del tanto decantato The Substance, come dimostra anche l’arrivo su Disney+ dell’interessante Control Freek, un buon esempio tra i più recenti, senza andare a scomodare classici che gli appassionati sicuramente conosceranno.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
the-ugly-stepsister-la-recensione-del-cenerentola-body-horrorDen Stygge Stesøsteren, Norvegia, 2025. Regia: Emilie Blichfeldt. Interpreti: Lea Myren, Thea Sofie Loch Næss, Ane Dahl Torp, Flo Fagerli. Durata: 1h e 45'