I 5 film da non perdere di Kirk Douglas, l’ultimo dei giganti

L'attore scomparso a 104 anni il 5 febbraio scorso è stato l'ultimo di una schiatta di straordinari uomini di cinema dell'epoca d'oro di Hollywood

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Aldilà della retorica del titolo, Kirk Douglas (nome d’arte di Issur Danielovitch, scomparso a 104 anni il 5 febbraio scorso), è stato davvero l’ultimo di una schiatta di straordinari uomini di cinema dell’epoca d’oro di Hollywood. “Il figlio del venditore di stracci” (che è poi il titolo di una sua gustosa autobiografia, edita qualche anno fa da Rizzoli), cresciuto povero al limite della miseria, già nei Cinquanta era un divo internazionale, rimasto attivo sullo schermo sin dopo il 2000; non solo: “la fossetta al mento più sexy del cinema” è stato un attore di finissimo livello, un “grande campione” (per parafrasare/citare un suo film) di energia e potenza scenica non comuni, padrone totale di ogni progetto in cui credeva e a cui si donava con gran fiuto artistico (oltretutto divenne anche produttore per 30 volte e due volte regista in Un magnifico ceffo di galera e I giustizieri del west). Ebbe tre nomination (Il grande campione, Il bruto e la bella, Brama di vivere) e un Oscar alla carriera nel 1996, decisamente pochissimo per una personalità che aveva lavorato con i più grandi e contribuito alla riuscita di tantissimi film, più di uno considerato un autentico capolavoro. Vi proponiamo qui cinque titoli, rappresentativi anche della sua versatilità tra i generi. Avremmo potuto parlarne di altri cinque o cinque ancora, mai come in questo caso la scelta è stata difficile e inevitabilmente opinabile.

I 5 film da non perdere di Kirk Douglas, l’ultimo dei giganti:

L’ASSO NELLA MANICA (1951) Regia di Billy Wilder. Giornalista ex di successo finito nel Nuovo Messico per i suoi guai con l’alcool e le donne, pensa di risalire la china sfruttando il caso di un uomo intrappolato in una miniera. Cinismo e tragedia per un melodramma western-noir che l’autore di La fiamma del peccato e Viale del tramonto architettò con veemenza sublime e conseguente Premio a Venezia. Douglas è una carogna priva di scrupoli o quasi come solo lui sapeva interpretare.

 

PIETA’ PER I GIUSTI (1951) di William Wyler. Un odio esplosivo contro il crimine, ha fatto del detective Jim McLeod una personalità borderline che esploderà durante l’indagine su un medico accusato di praticare aborti. Da un lavoro teatrale, una versione rigorosa in cui tutti gli attori sono spinti a dare il massimo. Douglas è puro fuoco sotto la cenere che ritroveremo spesso, Cannes però premiò la collega Lee Grant che qui interpreta una testimone su cui McLeod si accanisce ferocemente.

 

ORIZZONTI DI GLORIA (1957) di Stanley Kubrick. Un atroce episodio sul fronte francese durante la Grande Guerra. Tre soldati vengono scelti per essere giustiziati a mo’ di esempio. Il colonnello Dax tenta invano di salvare la loro sorte. Uno dei più fieri atti di denuncia contro la follia del conflitto bellico. Qui Douglas non si conferma solo mattatore (meno istrionico del solito), ma si espose personalmente perché il film venisse realizzato come è poi stato. I due si ritroveranno tre anni dopo per Spartacus.

 

I VICHINGHI (1958) di Richard Fleischer. Sontuosa produzione in costume. Inglesi e vichinghi sono in guerra. Gli scandinavi sequestrano la principessa Morgana, promessa sposa del re inglese. Einar, turbolento figlio di re Ragnar, si invaghisce della preda, ma ignora che lo schiavo Eric è più di quel che sembra. Cast all stars (Tony Curtis, Ernest Borgnine, Janet Leigh) per una coloratissima avventura epica. Il “buono” è Curtis (Eric) ma il barbaro Einar (Douglas), orbato e con il volto devastato, è mitico.

 

UOMINI E COBRA (1970) di Joseph L.Mankiewicz. L’astuto, sanguinario e affascinante Paris Pitman nasconde il malloppo di una rapina in un covo di serpenti a sonagli, poco prima di essere arrestato. Tramerà per organizzare una sommossa ed evadere. Quando ci riuscirà ad inseguirlo sarà lo stesso nuovo direttore del carcere, l’ex sceriffo Lopeman. Bizzarro western carcerario con qualche sfumatura comedy. Ma soprattutto un grande duello tra stars liberal: il flemmatico Fonda e l’istrionico Douglas. Pura goduria!