“TRUTH”, ROBERT REDFORD: «LA POLITICA È LA PUTTANA DELLE NOSTRE VITE”

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La politica americana, il giornalismo old style, lo strapotere dei soldi: l’attore, protagonista del film diretto da James Vanderbilt, confessa il suo pessimismo a Ciak

DI FILIPPO BRUNAMONTI

truth robert redfordLa verità su Redford: una chiacchierata con lui equivale a un quiz show. «Da dove vieni? Ma, per esattezza, da quale parte? Provamelo ». L’ex Sundance Kid, polo blu leggera, capelli folti rossastri, qualche inciampo all’udito, fa le domande di riscaldamento e, se non finisci subito all’angolo, ti resta una montagna da scalare. Il settantatreenne anchor Dan Rather, il più famoso mezzobusto di CBS News, gli somiglia: occhi da animale abituato a vedere ogni dentatura, della notizia e delle persone, ma anche i cuori dei sobborghi, le ingarbugliate matasse della politica, le storie incrociate degli informatori. Robert Redford, cinque anni in meno del protagonista di Truth, due premi Oscar (uno alla carriera), è meno folle del team investigativo capitanato da Mary Mapes (Cate Blanchett) che, nel film di James Vanderbilt – e nella realtà (data: 9 settembre 2004) – durante la campagna elettorale, manda in onda un’inchiesta-scandalo secondo cui l’allora presidente americano George W. Bush avrebbe evitato di prestare servizio in Vietnam, ottenendo un trattamento preferenziale tra il ’68 e il ’74, quando era un pilota della Guardia nazionale. Uno scoop portato in prima serata proprio da Rather nel programma 60 Minutes II ma basato su false documentazioni. L’addio del carismatico anchorman dopo ventiquattro anni ha segnato il crollo di influenza dell’establishment giornalistico progressista.

robert redford truthPerché, dopo Tutti gli uomini del presidente, Qualcosa di personale e La regola del silenzio, un altro film dove sono le inchieste a dominare?
Perché Truth è un’opera vitale e riflette il mio punto di vista sulla forbice potere giornalistico/potere politico. Questo balletto mediatico mi mette in stato d’agitazione.

Quando ha parlato con Dan Rather che cosa vi siete detti?
Ho esordito così: «Guarda, Dan. Sto per interpretare te al cinema. Potrebbe essere una trappola, lo so. C’è qualcosa che vorresti dirmi prima di cominciare? ». E lui, texano, figlio di un operaio che fabbricava oleodotti e di una cameriera: «Sì, la mia è prima di tutto una storia di lealtà. Sono stato leale fino all’ultimo a Mary Mapes, al mio capo, a CBS, e a me stesso ». Rather sostiene che i giornalisti abbiano perso la capacità di fare domande. Vero. Oggi i reporter sono troppo impegnati a seguire fatti che fanno questo suono: bopbopbopbop, ripriprip, bopbop. E perdono di vista l’obiettivo.

Come vede l’America del 2016?
La trovo molto politicizzata. Tutto quello che conta, soprattutto al Congresso, è l’influenza del denaro: come lo spendi, per chi lo spendi. È davvero deprimente, me ne tengo alla larga. Mi interesso alla politica solo quando ne ricavo ispirazione. La politica in sé è la puttana delle nostre vite.

robert redford dan ratherQuando il sanguigno Dan Rather ha dato le dimessioni di fronte a otto milioni di spettatori, lei come ha reagito?
Fu uno shock vedere un uomo all’apice della carriera domandare scusa e rassegnarsi.

In cosa le somiglia questo anchorman?
Gesù! Riesce a tenere a bada una tale fonte di stress… Io esploderei. Non sono un bravo negoziatore. Ma come lui anch’io ho un forte attaccamento all’etica, al bene comune, all’ambiente. Lotto per il senso di responsabilità sociale e la libertà d’espressione.

Che cosa la guida oggi?
Il fare, il non mollare. Continuare ad esprimermi. Non riesco a non rimanere curioso nei confronti della vita.

robert redford truthAnche nell’industria del cinema, le corporation non scherzano.
Ho trascorso gran parte della mia vita a creare opportunità alternative e frontali, come il Sundance Film Festival. A tratti, però, non riconosco neppure il mio festival, tanto è presente il denaro attorno al circuito indie. Ma siamo lontani dagli stampini degli Studios, convinti di dover ripetere le stesse formule ogni anno perché portano soldi. Certo, James Bond e Capitan America funzionano davvero.

Con Cate Blanchett ha un rapporto viscerale in Truth. Quale altra donna le ha tenuto testa?
A parte Barbra Streisand? (sogghigna). Direi Jane Fonda, con la quale torno tra poco a lavorare per Our Souls at Night, su Netflix.
C’è una bella tensione tra noi. Amo le donne forti.

 

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