Al Festival di Cannes il regista thailandese Apichatpong Weerasethakul aveva già vinto la Palma d’Oro nel 2010, con il suo Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, inevitabile che tornasse sulla Croisette per presentare il nuovo Memoria. In parte perché al Palais des Festivals et des Congrès i vecchi amici sono sempre i benvenuti, ma soprattutto perché sarebbe stato un peccato portare altrove Memoria, un thriller interpretato da Tilda Swinton e così enigmatico e ricco di suggestioni, come vediamo nel trailer che segue:
Un incontro unico, quello tra il regista e l’attrice, che si annuncia come foriero di qualcosa di irripetibile. Di certo, di molto interessante, considerate le qualità e le caratteristiche dei due artisti. Che vediamo magistralmente sottolineate da fotografia e sonoro sin dal breve filmato, che anticipa l’anteprima mondiale e la successiva distribuzione internazionale da parte della NEON, e dal poster ufficiale che lo accompagna.
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Protagonista umana, la Jessica Holland interpretata dalla Swinton, scozzese che durante la sua permanenza in Colombia un giorno, all’alba, sente un forte scoppio dopo il quale inizia a sperimentare una misteriosa sindrome sensoriale durante una serie di viaggi che la portano attraverso il paese. E nei quali finisce per scoprire un manufatto di 6.000 anni prima: uno scheletro con un buco in testa, necessario a liberarsi dagli spiriti maligni.
Di più non è dato sapere, a parte il collegamento diretto con quanto vissuto dal regista durante la sua partecipazione al Cartagena Film Festival, che proprio nella nazione latinoamericana ha raccontato di aver sofferto dei sintomi della ‘Sindrome della testa che esplode’, sentendo “spesso un forte rumore all’alba, in molti dei luoghi visitati”. Qualcosa di inseparabile dall’esperienza vissuta, un evento che ha poi dichiaratamente sfruttato per “costruire un personaggio la cui esperienza sonora si sincronizza con la memoria del Paese”.
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Una prima volta con una attrice di tale rilievo, che sin dal suo arrivo in Colombia ha dato un impulso importante al processo creativo del film, come dichiarato da Weerasethakul nella lunga intervista rilasciata a The Hollywood Reporter. Conclusasi con il divertente ricordo della cerimonia di premiazione che lo vide protagonista oltre dieci anni fa, e alla quale poté presentarsi solo grazie alle scarpe prestategli da un ragazzo del Austrian Film Museum dopo che il suo unico paio si era rivelato inutilizzabile.