Festa del Cinema di Roma 2023, Riccardo Milani racconta Gaber

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Riccardo Milani Io noi e Gaber

Il primo gennaio del 2003 ci lasciava Giorgio Gaber, “Il signor G” a lungo protagonista della vita culturale – e politica – italiana e oggi del documentario corale Io, noi e Gaber di Riccardo Milani presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023 a 20 anni dalla scomparsa del “cantautore, drammaturgo, attore, cabarettista, chitarrista e regista teatrale italiano, tra i più importanti dello spettacolo e della musica italiana del secondo dopoguerra”, per citare la generalista Wikipedia. Un film che vi invitiamo a vedere al cinema il 6, 7 e 8 novembre prossimi.

La storia di Giorgio Gaberščik (questo il suo vero nome) attraverso i tanti brani d’archivio rimasti a ricordarcelo, degli esordi al rock nel quale si confrontava con Celentano ai surreali numeri con Jannacci, fino alle canzoni milanesi con Maria Monti, la grande popolarità televisiva e il ritorno al teatro puro.

Girato tra Milano e Viareggio, nei suoi luoghi, quello di Riccardo Milani è un viaggio intimo ed esclusivo. nel quale viene accompagnato dalla figlia dell’artista e dai tanti a lui più o meno vicini, come Claudio Bisio, Francesco Centorame, Ombretta Colli, Ivano Fossati, Dalia Gaberscik, Ricky Gianco, Gino & Michele, Paolo Jannacci, Lorenzo Jovanotti, Mogol, Vincenzo Mollica o Gianni Morandi.

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Chi era Giorgio Gaber? Cosa ti ha spinto a immergerti in quel passato?

È stato un uomo importante nel mio percorso di formazione. Io sono nato nel 1958, ero un bambino quando cantava Torpedo Blu e altre canzoni leggere e mano mano ho seguito questo cantante che è diventato altro e ci ha detto cose importanti. Quel che ha detto e fatto per me è stato fondamentale, in anni in cui il Paese viveva anche realtà terribili. Anni per me fondamentali anche grazie al pensiero di un uomo come Gaber. Già allora ne apprezzavo il coraggio, il suo dire le cose anche quando sono scomode o può portare problemi, ma rivivendo oggi quel percorso – anche attraverso la sua famiglia e le tante voci raccolte – e ripensando al coraggio di fare delle scelte che lo ha portato a dire “basta” e ad avere un seguito importante negli anni ’70 penso alla ricerca della verità e alla libertà del pensiero che da lì in poi sono state – spero – una costante della mia vita.

Parole che ancora provocano disagio e imbarazzo, hanno ancora la forza di allora?

Il futuro che lui prevedeva è arrivato, di fatto, anche in maniera pesante. Aveva la capacità di guardare avanti, grazie all’onestà intellettuale con cui guardava il mondo e le cose del mondo. Tutte. Io sono stato un pollo d’allevamento cui lui ha detto “svegliatevi!”, ma l’ha detto a una generazione. E lo potrebbe dire anche adesso. In questo senso i suoi testi sono profondamente attuali e c’è grande necessità di quei testi, di quel coraggio, di quella passione civile.

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Gaber seppe dire di no quando sentì un certo disagio, nonostante fosse all’apice del successo, oggi sarebbe possibile?

Mi auguro che giovani o meno abbiano il coraggio di dire no, quando è il momento di dirlo, al di là dell’opportunismo. Paradossalmente all’epoca mi pare si vivesse una libertà maggiore da questo punto di vista, oggi c’è come una cappa che aleggia su tutti che per comodità accettiamo. Per questo mi auguro ci siano persone – giovani e non – che abbiamo il coraggio di dire le cose come stanno, in ogni situazione possibile, anche in tante occasioni quotidiane. Mi pare che questo manchi e che sia auspicabile.

Pensando al lavoro fatto, quanto è stato difficile scegliere tra tanto materiale e tante testimonianze?

Di persone molto diverse tra loro, per scelta ed estrazione culturale e sociale, ma che tutte hanno fatto – o fanno – i conti con Gaber ancora oggi. Questa è stata la linea guida che ho seguito. Ho avuto contributi umani e professionali, etici, da persone molto distanti tra loro. In un mare poi di materiale di repertorio che ci ha dato molto e per il quale ringrazio  i produttori, ma anche la Fondazione Gaber e Rai Documentari, che ha questo enorme patrimonio dove siamo andati a memoria. Le persone hanno dato sé stesse, semmai io ho il rimpianto di non aver incontrato tutti quelli che volevo, per vari motivi, nel corso dell’anno che è durato questo lavoro. Perché Gaber aveva attraversato veramente tutto, anche politicamente, ricevendo apprezzamenti o sguardi di sospetto allo stesso modo da destra e da sinistra. Io personalmente l’ho visto fisicamente una sola volta nella mia vita, a margine del concerto al Trianon di Roma, che teatro di grandissime contestazioni all’epoca. Lo vidi dietro una tenda, fare capolino per vedere cosa succedeva, e vidi nei suoi occhi il dolore, la totale mancanza di comprensione di quell’atteggiamento… non me lo sono più scordato. Ogni volta che penso a qualcuno che ha uno scatto di coraggio, anche nel nostro ambiente, penso a quella tenda spostata per cercare di capire cosa succedeva in quel teatro.

Metti in scena una sorta di incontro, non impossibile, perché?

Perché è un mio desiderio. Io vorrei ascoltare la sua voce, adesso, come  mi manca la voce di Pasolini. A volte le voci sono importanti, perché ti riportano a un pensiero a una apertura a una possibilità di guardarti intorno che non tutti ti ispirano. Quella voce era uno stimolo continuo, a guardare dentro e fuori di me. Ed è anche il desiderio di far incontrare generazioni diverse. Chi ha vissuto quel periodo e anche chi non lo ha fatto, penso debba avere riconoscenza – che è stato il motivo per cui ho accettato questo lavoro – e dire grazie a Gaber per le cose che ha scritto, detto e fatto. Un po’ il desiderio che tutti quanti noi, anche di generazioni diverse e con mestieri diversi, lo si possa incontrare e dirglielo.

 

Riccardo Milani Io noi e Gaber