Hollywoodgate – La recensione del doc Fuori concorso a Venezia 80

Vi diciamo la nostra sul film di Ibrahim Nash'at, ambientato in Afghanistan durante la ripresa del potere da parte dei talebani.

0

Come (ri)nasce un regime? Il cinema ce lo ha raccontato tante volte, ma forse mai come in Hollywoodgate di Ibrahim Nash’at, Fuori concorso all’80ma Mostra del Cinema di Venezia. Perché il documentarista egiziano osserva dall’interno i talebani mentre riassumono il controllo dell’Afghanistan, riprendendo solo ciò che i fondamentalisti islamici consentono sia ripreso. E resistendo tuttavia a qualsiasi appiattimento verso un prodotto di (volontaria o involontaria) propaganda, per stagliarsi, anzi, come una delle opere politiche più interessanti (e inquietanti) fra quelle passate di recente al Lido.

Sembra quasi meta-cinematografica quella porta con su scritto “Hollywood Gate” che si apre all’inizio del doc, facendo entrare noi e gli “studenti coranici” in una ex base della fortezza USA-Nato sul territorio afghano: è il 31 agosto 2021, e dopo vent’anni di guerra e occupazione militare (con 176 mila morti di cui quasi 50 mila civili), gli esportatori (a suon di bombe) di democrazia hanno appena abbandonato il campo, lasciandolo ai precedenti inquilini, i miliziani islamisti. Che vediamo aggirarsi tra ciò che resta della presenza occidentale: alcolici in frigo, medicinali, tapis roulant, dispenser di gel disinfettanti, ma soprattutto armi, aerei ed equipaggiamento militare. In buona parte danneggiati, ma riparabili a beneficio dell’emirato musulmano.

Nash’at trascorre un anno con i restaurati padroni dell’Afghanistan, fino al 31 agosto 2022 in cui il nuovo governo presenta e celebra sé stesso ai diplomatici della parte di mondo che lo riconosce. Tra le figure emblematiche, emerge Malawi Mansour, leader talebano diventato capo dell’aeronautica militare, sempre serafico anche quando pianifica operazioni contro gli insorti locali o interroga i potenziali piloti degli aerei sulla loro fedeltà.

Il potere è rappresentazione (di sé), e «chi ama il potere, vuole essere visto», come ci ricorda il regista. Ma lo sguardo di Hollywoodgate, ancorché tutto “dall’interno”, non è funzionale alla messa in scena che il regime vorrebbe cucirsi addosso. Anzi, ne costituisce il backstage demistificante. Non solo e non tanto per le didascalie iniziali e finali che ci ricordano del grande assente dalle inquadrature, il popolo con le sue sofferenze, le miserie e il conto delle vittime (oltre un milione quelle del conflitto che mise per la prima volta i talebani alla testa del Paese). Cosa attende i sopravvissuti, in particolare le donne, è poi tristemente chiaro dai dialoghi di questi uomini che le equiparano a cibo da consumare (una donna senza velo, dicono con un aneddoto, vale come un cioccolatino scartato e appoggiato per terra: chi lo mangerebbe?).

Ma sono le stesse immagini a sprigionare un’ambiguità che raffredda e incrina la storia dei vincitori (di ieri e di oggi). Mostrati al di qua di ogni possibile pathos o mitizzazione (anche quella di certa retorica occidentale, ciclicamente bisognosa di confezionarsi un grande antagonista), nella prosaica e straniante quotidianità di un totalitarismo edificato sulle scorie lasciate dalla controparte, nutrito dal culto dei martiri e garantito dall’alfabeto della violenza già assimilato dai più giovani («Prendo un’arma e vi ammazzo tutti!», dice ridendo un bambino).

Il filmmaker, non a caso, è un sorvegliato speciale, tollerato con diffidenza, un «piccolo diavolo» che potrebbe «farli vergognare di fronte alla Cina», e la dialettica tra osservatore e osservati porta ai momenti di esplicita ce(n)sura saggiamente mantenuti nel montaggio. I tagli alla continuità dello sguardo non cancellano comunque l’effetto di abbassamento grottesco, compresi passi falsi e goffaggini del nuovo establishment, tra i medicinali lasciati scadere e incidenti nella preparazione della cerimonia finale. Come altrove nel nostro presente, sarebbe una farsa, se non fosse una tragedia.

RASSEGNA PANORAMICA
4 Stars
hollywoodgate-la-recensione-del-doc-fuori-concorso-a-venezia-80Come (ri)nasce un regime? Il cinema ce lo ha raccontato tante volte, ma forse mai come in Hollywoodgate di Ibrahim Nash’at, Fuori concorso all’80ma Mostra del Cinema di Venezia. Perché il documentarista egiziano osserva dall’interno i talebani mentre riassumono il controllo dell’Afghanistan, riprendendo solo...