FESTA DEL CINEMA DI ROMA, TOM HANKS: «IL SEGRETO DI UN ATTORE? LA PASSIONE »

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Primo giorno di Festa, primo giorno di grande cinema. Protagonista assoluto uno dei volti cinematografici più influenti e noti del mondo. Con due Oscar in bacheca, alla Festa del Cinema di Roma oggi è la giornata di Tom Hanks, al centro di un incontro con il pubblico dove, tra una scena e l’altra dei suoi film, da Forrest Gump a Era mio Padre, fino a Il Ponte delle Spie, risponderà alle domande del pubblico. E la Festa, giunta alla sua undicesima edizione, gli rende omaggio con una retrospettiva che ripercorre la sua carriera e, sempre durante l’incontro con il pubblico, Tom Hanks verrà insignito del Premio alla Carriera. Ecco, tra una battuta e l’altra, cosa ci ha raccontato durante il nostro incontro!

Cosa le viene in mente riguardando i film della sua lunga carriera?

Secondo la filosofia non bisogna mai guardarsi indietro. Ma, del resto, un film, oggi, resta uguale a ieri. È solo passato del tempo e io sono invecchiato! L’unico metro per misurare il successo è la longevità artistica. Mi reputo fortunato per aver un corpus di lavoro imponente che porto insieme a me. E poi ogni film è un’esperienza nuova.

Per quanto concerne la situazione politica americana attuale, cosa pensa?

Ogni quattro anni negli Stati Uniti arriva un circo, a volte il paese è davanti ad un bivio, con questa fase significativa, dal futuro incerto e misterioso. Nella storia americana c’è sempre stata una versione dell’attuale candidato repubblicano, ma di certo non lo sceglieremo, non l’abbiamo mai fatto…

Si è mai pentito di aver detto qualche ”no”?

Non mi sono mai pentito, agisco d’istinto. Ci sono stati dei film che non ho fatto, anche allettanti. Alcune volte dire dir di sì è facile e non ci sono riserve. Altri aspetti non mi interessano: quando non c’è passione non faccio quel film.

Perché è sempre stato restio ai ruoli da cattivo?

Ho un certo modo di pormi che potrebbe farmi essere un cattivo, ma non essendoci molte sfumature nel cinema non ho mai affrontato questo ruolo. Effettivamente in Era mio Padre sono credibile nel ruolo di personaggio malevolo. Mi piace poter soppesare le differenze tra buono e cattivo. Nei film gli antagonisti sono degli archetipi: avrei piacere interpretarlo solo se il ruolo ha un senso…

Pensiamo a Spielberg, i suoi personaggi con lui hanno un filo morale che li unisce.

Con Spielberg ho lavorato in quattro film, e ogni ruolo aveva una certa moralità. La vita, in fondo, è una sequenza interminabile di eventi, o si sopravvive in mare oppure si affoga.

In Inferno, capitolo legato al franchise di Dan Brown, lei torna ad interpretare il personaggio di Robert Langdon. Rischi legati nell’interpretare sempre lo stesso character?

È un rischio indossare gli abiti altrui, conta il personaggio, come lo si rivista, ma c’è un contratto tra il pubblico e lo spettatore, ovvero rinnovarsi in ogni film e, con ogni film, si riparte da zero. Questo attrae e fa entrare in empatia.