Linea d’Ombra 2023, i fratelli D’Innocenzo sognano Checco Zalone

I due registi romani ammettono di volere l'attore in un loro film

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D'Innocenzo a Linea d'Ombra 2023

“Non ci fa ridere quando lavora nel trio con Giovanni e Giacomo, ma ha una faccia stupenda e gli abbiamo sempre proposto ruoli tragici – raccontano Damiano e Fabio D’Innocenzo sul RING del Linea d’Ombra Festival 2023, il primo degli incontri in cui i grandi autori e attori del cinema italiano incontrano il pubblico e nel quale i due fratelli parlano del loro inseguimento ad Aldo Baglio. Ma non solo…”Lo stesso abbiamo fatto con Checco Zalone, è un attore fantastico, ma ci ha sempre detto no”, ammettono i due fratelli, uniti – oltre che dalla passione per il cinema -da quella per la letteratura e la AS Roma: “Avevamo proposto ai Friedkin di fare la regia delle partite della Roma, non ci hanno mai risposto”.

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In conversazione con il co-direttore artistico Boris Sollazzo e con il pubblico in sala e on line di Linea d’Ombra, la coppia di registi di La terra dell’abbastanza, Favolacce e America Latina, ma anche della serie in arrivo, prossimamente su Sky, su Dostoevskij, con protagonista Filippo Timi: “un attore eccezionale, che ha dato tutto, emotivamente e anche fisicamente, ha perso 15 chili per entrare in questo personaggio. Siamo stati sei mesi sul set, ma non è stata mai una fatica. Eravamo stanchi il giorno dopo avere finito perché ci mancava. Sky ci ha dato carta bianca, ci ha permesso di fare tutto quello che volevamo, forse alla fine non la vedrà mai nessuno perché è troppo cupa”, dicono scherzando.

Resta avvolto nel mistero uno dei progetti più attesi del 2024, ma la conversazione offre l’occasione per scoprire qualcosa in più sui gemelli romani, partendo proprio dal tema dell’edizione di quest’anno di Linea d’Ombra, Cha(lle)nge, fortemente voluto dai direttori artistici Giuseppe D’Antonio e Boris Sollazzo.

I fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo al Linea d’Ombra 2023:

Questa crasi che avete scelto tra sfida e cambiamento” è Damiano a parlare “ci fa pensare che la nostra sfida, è quella di non cambiare, di restare come eravamo 5 anni fa e come siamo adesso. È difficile non lasciarsi sedurre dalle sporadiche sirene dell’industria del cinema italiano, che ti dice che sei già arrivato, che sei già un maestro, e tutte le altre cose che di noi scrivono, e non é che non ci piacciano le carezze, ma noi siamo fatti a modo nostro, siamo quelli senza scuole di cinema, nati senza, tra virgolette, i genitori giusti, ci siamo sempre dovuti meritare tutto. Per tanti anni abbiamo fatto i ghost writer, che significa che scrivi un copione e poi sparisci quando c’è da incassare i soldi e vedere il tuo nome a fine film, e sono giorni, mesi, anni che non voglio dimenticare. Per come Fabio e io intendiamo il cinema, quindi un atto di coraggio, crediamo sia il sentimento migliore”.

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Ovviamente i genitori sono giustissimi per quelli che sono i figli” gli fa eco Fabio. “Ci hanno insegnato l’arte dello stare al mondo, e ci vuole una grandissima ironia. Con La terra dell’abbastanza siamo andati sul set senza avere consumato il rapporto sessuale col cinema, vergini. Adesso siamo nella fase del palpeggiamento, del sesso orale, e rivendichiamo questa forma che non è dilettantismo, ma purezza e non omologazione. A volte ci sentiamo imbucati alla festa, ma è un sentimento piacevole, ti costringe a guardare, ad accettare il fatto che si può fare qualcosa di bello soprattutto perché si è fuori luogo. Abbiamo fatto un percorso che somigliava a noi, nelle fortune, nelle sfortune”.

I fratelli D’Innocenzo sono delle schegge impazzite nel panorama cinematografico italiano che “negli anni 90 fino all’inizio anni 2000 ha avuto 15 anni mortiferi, era italiano ma non era cinema. Noi eravamo molto supponenti, e lo siamo ancora rispetto al 97% dei registi conosciamo, ma per una ragione molto solida, ovvero che non c’è rispetto di fronte a quanto si può essere privilegiati. È importante alzare la mano e dire voglio raccontare una storia e chi ha la possibilità di farlo deve averla questa storia, ci pare il minimo indispensabile”.

D'Innocenzo su Checco Zalone