BERLINO 2016: MICHAEL MOORE RACCONTA LE BUONE IDEE EUROPEE CHE MANCANO NEGLI USA

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Da Where To Invade Next di Moore, assente dalla Berlinale per uno strascico di polmonite, a Zero Days sui crimini informatici di massa, fino a La Comune dell’ex regista del Dogma Thomas Vinterberg: tutti i titoli più importanti di oggi al festival

MICHAEL-MOORE
Michael Moore

Due documentari, due volti di un’America che ha tradito i suoi sogni voltando le spalle ai cittadini in nome del profitto. L’America di Michael Moore così povera di riforme sociali e l’America di Alex Gibney protagonista di una cyber guerra che a colpi di virus informatici rischia di mettere a repentaglio la sicurezza internazionale. Where To Invade Next e Zero Days, oggi alla Berlinale, usano stili e toni diversi per raccontare menzogne e abusi della classe politica. Ironico e divertente Michael Moore, moderno Candide sempre in prima linea, ci accompagna in diversi paesi europei alla ricerca di buone idee da rubare ed esportare negli Usa. Vacanze pagate e tredicesima in Italia, ottimo cibo nelle mense scolastiche in Francia, università gratuite in Slovenia, prigioni modello in Norvegia, ottimo sistema educativo in Finlandia, orari di lavoro invidiabili in Germania, spazio alle donne in Islanda. Conquiste raggiunte molto tempo fa negli Stati Uniti e poi abbandonate in nome del profitto. Ma se è caduto il muro di Berlino, le cose possono cambiare anche negli States, sostiene Moore, che fingendo ogni volta sorpresa nello scoprire quanto sono fortunati certi europei, diventa protagonista di un viaggio allegro e irriverente, didattico e coinvolgente.

Decisamente più cupo e complesso invece Zero Days, l’inchiesta di Gibney sui crimini informatici divenuti una nuova arma di distruzione di massa. Il film indaga infatti su Stuxnet, virus potentissimo creato da Stati Uniti e Israele per distruggere gli impianti nucleari iraniani, ma capace di colpire molti altri bersagli. Una storia di tecnologia e potere che ci allerta sul rischio non troppo remoto che i virus abbandonino il regno del cyberspazio causando catastrofi nel mondo reale.

Thomas Vinterberg
Thomas Vinterberg

In gara oggi a Berlino anche l’autobiografico La comune di Thomas Vinterberg, lettera d’amore del regista danese a un’infanzia spesa condividendo gioie e dolori con il gruppo di persone insieme alle quali i genitori avevano deciso di vivere. Nella grande famiglia allargata raccontata nel film si muore, ci si innamora, ci si abbandona, ci si tradisce e consola a vicenda, si piange e si ride inseguendo un modello di vita audace e impossibile. «Non ho mai creduto nel libero amore – ha detto Vinterberg, che nel cast ha voluto tra gli altri Ulrich Thomsen, Trine Dyrholm e la moglie Helene Reingaard Neumann – ma nutro un grande rispetto quella generazione che, cresciuta degli anni Cinquanta, ha tentato di scardinare ruoli e modelli divenuti troppo angusti, nel tentativo di superare la mediocrità di tante esistenze. Oggi a riunirsi nelle comuni dovrebbero essere gli anziani, soli e abbandonati. Rimpiango molto quei tempi per la grande voglia di condivisione, oggi dimenticata dal mio paese. Confesso che a volte mi vergogno di essere danese ».

E a proposito del Dogma, insieme di regole condivise con Lars Von Trier e altri registi danesi, Vinterberg afferma: «Si trattava di un movimento nato per mettere da parte la vanità e fotografare quello che accadeva davanti ai nostri occhi. Invece paradossalmente i film Dogma erano molto personali e sono stati il veicolo della nostra carriera. Le regole dovevano essere sinonimo di rivolta, ma il successo ci ha rovinato. Quegli applausi nel 1998 sono stati l’inizio della fine ».

Alessandra De Luca