CIAK LEGENDS: ROBERT DUVALL

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DI MASSIMO LASTRUCCI

Sei nomination agli Oscar, una statuetta per Un tenero ringraziamento, una carriera costellata di successi e personaggi che rimarranno per sempre nell’immaginario collettivo. Dalle indiscusse doti interpretative, Robert Duvall è uno dei più versatili attori di Hollywood, eclettico e sorprendente, mai scaduto nel glamour del divismo

Robert DuvallIn quella fertile parentesi artistica che gli storici del cinema hanno battezzato la Nuova Hollywood – intendiamo quella ondata di temi, nomi e talenti cresciuti magari off Hollywood e che negli Usa degli anni Sessanta (fino ai Settanta) offuscò il sistema produttivo tradizionale per poi invaderlo, rinnovarlo e finire tutti (o quasi) irretiti o vittime – oltre ai tanti cineasti esplosi quasi subito come autori, dobbiamo per forza ricordare anche gli attori. Senza quei “corpi inediti”, imperfetti, apparentemente rubati dalla vita di tutti i giorni, dalla recitazione già post-metodo e non ancora consumati dalla routine e dalla moltiplicazione autointossicante di sé, la carica eversiva (beh, almeno rinnovatrice) di quel cinema avrebbe avuto certamente la miccia bagnata. Curiosamente, qualcuno dei più dotati, assurto allo status di star, si sarebbe invece rifugiato nella maniera, debordando nell’istrionismo scaduto e infine nella gigioneria bella e buona (tanto per non far nomi: Nicholson, Pacino, De Niro, spesso anche Hoffman, sia pure a intermittenza); altri, al contrario, avrebbero lavorato sulla maniera (un vizio non assurdo ma inevitabile, almeno a quei livelli di lavoro superpagato e stressante), ma rimanendo nell’ecclettismo discreto, concentrati sul progetto e sul ruolo, senza i cliché della star. Sempre indispensabili, mai sopra le righe, qualche votla protagonisti, più spesso comprimari o camei deliziosi.

Robert Duvall
Il Padrino

In questa tipologia di interpreti, due raggiungono l’eccellenza senza avvelenarsi nel glamour del divismo, tra i più grandi attori cinematografici americani del ventesimo secolo. Il primo è Gene Hackman (di lui parleremo un’altra volta). L’altro è Robert Duvall (classe 1931, tra l’altro i due, tre con Hoffman, sono amicissimi: «Eravamo roommates, compagni di stanza. Avevamo tutti un idolo: Marlon Brando. Con Gene e Dustin abbiamo condiviso lo stesso destino: abbiamo iniziato a recitare perché a scuola eravamo pessimi studenti ». Diciamo questo per sottolineare l’humus inevitabilmente comune, culturale più che politico; anzi in questo si collocano all’opposto, dato che Duvall è un repubblicano convinto, estimatore di Bush). Una gavetta enorme alle spalle (teatro e tantissima tv) e notato subito dai palati fini al primo ruolo accreditato sul grande schermo, in Il buio oltre la siepe (1962, interpretava il mentecatto che spaventava senza volerlo i bambini). Il mestiere si rinforza ad esempio con M.A.S.H. (1970), L’uomo che fuggì dal futuro (1971) e la fama di Duvall continua a espandersi con discrezione, proprio come il carattere del ruolo che lo rivela definitivamente, quello del “consigliori” e figlio adottivo di Vito Corleone nella saga del Padrino (1972, da qui la prima nomination agli Oscar, delle sette complessive), seguito tra gli altri da Killer elite (1975), Quinto potere (1976).

Apocalypse Now
Apocalypse Now

La sintonia con Coppola gli darà l’opportunità poi di essere in prima fila nel kolossal cult Apocalypse Now (1979). Chi può dimenticarsi il suo colonnello Kilgore che ama il surf e l’odore del napalm? Ormai la sua carriera è al top e Duvall non ne abusa, scegliendo sempre in base alla possibilità del ruolo, alla complessità del personaggio: L’assoluzione (1981), Tender Mercies (1983, ed ecco l’Oscar), Il migliore (1984), Colors (1988), Un giorno di ordinaria follia (1993), A Civil Action (1998). E poi il western, del resto già frequentato, in cui esplicita il suo amore per il genere americano per eccellenza: «Gli inglesi hanno Dickens, i russi hanno Tolstoj, noi abbiamo i westerns »: Geronimo (1993), Open Range (2003), le serie tv Colomba solitaria (1989) e Broken Trail (2006, per cui ha vinto un Emmy). Una carriera sterminata la sua, senza troppe cadute di gusto. E quando i copioni non gli sapranno offrire parti adeguate, Duvall da una parte si adeguerà, impreziosendo film minori, dall’altra si convertirà in regista, ottenendo risultati interessantissimi: da Angelo, amore mio (1983), a L’apostolo (1997), Assassination tango (2002), e il recentissimo Wild Horses (2015).

I SUOI TRE RUOLI CULTO

L’ASSOLUZIONE (1981)
di Ulu Grossbard, con Robert De Niro e Charles Durning

L'assoluzioneDe Niro Monsignore ma non troppo, Duvall fratello poliziotto. Due irlandesi a Los Angeles, ma il più corruttibile è il prelato. La grinta del secondo al servizio di un’indagine su una prostituta segata in due. Per Duvall una interpretazione sanguigna, quasi stradaiola, da anima retta e cinica che conosce ogni schifezza della metropoli. Giustamente lo premiano alla Mostra di Venezia con il Premio Pasinetti e, assieme a De Niro, con il Golden Phenix.

 

A CIVIL ACTION (1989)
di Steven Zaillan, con John Travolta e Tony Shaloub

A civil actionPer gustare la maestria dell’arte di Duvall: nel ruolo di un drago della magistratura e professore universitario in match con l’ambizioso (e ottimo) John Travolta, osservatelo come passa la pausa pranzo, in un angolo appartato negli archivi, con una radiolina scassata che trasmette un match di baseball e un panino bisunto e osservate le piccole variazioni di espressione del suo viso. Magia pura. Se ne accorgono anche quelli dell’Academy Award che gli danno un’altra nomination come non protagonista.

OPEN RANGE – TERRA DI CONFINE (2003)
di e con Kevin Costner, con Annette Bening e Michael Gambon

Robert DuvallIl western è il western, anche quando è realistico e rivisitato. Duvall è uno splendido capomandriano, Costner il suo pard, pistolero con un lato oscuro. La morale puritana sorveglia le loro azioni e quando si tratta di battersi contro un sopruso, pur recalcitrando non indietreggeranno di un passo. Un film contemporaneamente crepuscolare ed epico, “Old Fashoned”, proprio come Robert Duvall.