IL MISTERO BUFFO: SHIA LABEOUF

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Eccentrico. Iconoclasta. Fuori dagli schemi. Oggi compie 30 anni Shia LaBeouf, uno degli attori più discussi di Hollywood per i suoi film, certo, ma anche per le sue singolari performance artistiche in cui si prende gioco di se stesso, del pubblico ed anche del suo status di celebrità.

Se LaBeouf non fosse famoso verrebbe semplicemente definito “un tipo strano”. Quel genere di persona che vive secondo le proprie regole, complice forse un’infanzia sui generis. Shia è cresciuto in una famiglia di hippies. Il padre, veterano della guerra del Vietnam, era dipendente dall’eroina e frequentava le riunioni degli Alcolisti Anonimi in compagnia del figlio, a cui una volta in preda al delirio arrivò a puntare una pistola alla testa. La madre invece ha sempre lottato per «tenere in piedi la baracca» come ha raccontato più volte l’attore. La situazione difficile dentro casa e i problemi economici non hanno però impedito al ragazzo di inseguire la sua passione per la recitazione. Subito dopo il diploma ecco la prima occasione importante: un ruolo in Charlie’s Angels – Più che mai seguito, il popolare film con Cameron Diaz, Drew Barrymore e Lucy Liu. Anche la televisione può essere un importante trampolino di lancio e così LaBeouf entra nel cast della serie targata Disney, Even Stevens. Seguono quindi le partecipazioni a Io, Robot e Constantine.

L’anno decisivo per la sua carriera è il 2006. In agenda ci sono tre film: Il più bel gioco della mia vita, Bobby e Guida per riconoscere i tuoi santi. Quest’ultimo diretto da Dito Montiel conquista la giuria del Sundance. A fare la differenza è Steven Spielberg, sempre a caccia di talenti, che individua in Shia il protagonista perfetto per il thriller Disturbia. L’endorsement del leggendario regista è decisivo: le porte di Hollywood si spalancano e arrivano gli ingaggi per importanti blockbuster come Transformers di Michael Bay e il vituperato Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. LaBeouf diventa così una star mondiale che può permettersi di fare scelte più impegnate. Nel 2011 è un giornalista alla ricerca della verità al fianco di Robert Redford ne La regola del silenzio. Due anni più tardi è nel cast del discusso Nymphomaniac diretto da Lars von Trier. Nel 2015 rinnova il sodalizio con Montiel per Man Down e infine sfila sulla Croisette per American Honey della regista Andrea Arnold, che ha ottenuto il Premio della giuria nel 2016.

Alle apparizioni sul grande schermo si alternano però bizzarri esperimenti sociali e artistici, come la maratona di bing watching estremo #allmymovies, in cui rivede per 24 ore consecutive tutti i suoi film sempre sotto l’occhio vigile di una telecamera oppure #ELEVATE in cui trascorre un’intera giornata in un’ascensore dell’Università di Oxford, interagendo con gli studenti e i professori del campus. Tutto senza farsi mai mancare gli scandali: Shia è stato arrestato più di una volta per rissa, oltraggio a pubblico ufficiale e “condotta molesta”.

LaBeouf quindi è un anticonformista o un attore che vuole sempre essere al centro dell’attenzione? Difficile dirlo, di certo siamo di fronte ad un personaggio particolare e complesso, sicuro di se e della propria immagine, tanto da partecipare alla premiére di Nymphomaniac con in testa un sacchetto che diceva: «I am not famous anymore». Una provocazione goliardica ma anche una critica implicita al sistema mediatico che non riconosce il talento ma solo un’immagine da riprodurre un numero infinito di volte. E così Shia resta padrone della sua maschera per creare anche delle situazioni folli e borderline in cui esprimere sempre la sua natura ribelle.