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Home News Extra KIESLOWSKI FOR DUMMIES: IL MAESTRO POLACCO SPIEGATO IN 5 PUNTI
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KIESLOWSKI FOR DUMMIES: IL MAESTRO POLACCO SPIEGATO IN 5 PUNTI

Di
Redazione
-
23 Gennaio 2016
0
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    A vent’anni dalla scomparsa del maestro polacco Krzysztof Kieslowski, omaggiato fino al 30 gennaio al Trieste Film Festival e dal 26 gennaio al 7 febbraio allo Spazio Oberdan di Milano, il suo cinema (compreso Il Decalogo) è ancora sconosciuto a molti: ecco un piccolo vademecum per capirlo in 5 punti

    DI MASSIMO LASTRUCCI

    Il Decalogo - episodio 1
    Il Decalogo – episodio 1

    Reca un nome che pare un prefisso fiscale: Krzysztof. Comunque Kieslovski (Varsavia 1941-1996) è (stato) uno dei più grandi cineasti della fine del ‘900, con il suo Decalogo (ma non solo quello), capolavoro assoluto del cinema più alto e metafisico. A tutt’oggi non è stato ancora culturalmente “riesumato” a 20 anni dalla scomparsa. Ed è un peccato gravissimo, mortale, parlando di arte. Fortunatamente il Trieste Film Festival – Alpe Adria Cinema ne ha fatto il centro di un omaggio – presente l’attrice Irène Jacob – di questa sua 27ma edizione (22/30 gennaio).

    Qui sotto proviamo a spiegare perché Kieslovski è un autore imprescindibile per chiunque ami il grande cinema.

    1. GLI ESORDI

    Diplomatosi in regia all’Accademia di Cinema e Televisione di Lodz, inizialmente si specializza in documentari e fiction televisive, fortemente agganciati con le atmosfere politiche e sociali della Polonia del tempo, sezionate con occhio freddo e “fintamente” distaccato dall’autore. Risaltano qui titoli come Il sottopassaggio (1973) e la fiction Il personale (1974). Con La cicatrice (1976), Il cineamatore (1978), Destino cieco (o Il caso, 1981) e Senza fine (1984, cosceneggiato da un partner che sarà fondamentale in futuro per la sua poetica, Krzysztof Piesiewicz) lavora sui film a soggetto, intrecciando sensibilmente il realismo dello sguardo con le attenzioni sempre più spiccate per temi morali.

    2. LA SVOLTA DEL DECALOGO

    la-doppia-vita-di-veronica-
    Irène Jacob in “La doppia vita di Veronica”

    La svolta avviene con il progetto del Decalogo. Nasce come progetto televisivo in 10 episodi, ma si presenta sulla carta assai costoso.Kieslovski e Piesiewicz “ripiegano” allora su due episodi dilatati in lungometraggi. Prima sarà Breve film sull’uccidere o Non uccidere (1987), poi Non desiderare la donna d’altri (1988, titolo italiano di un dramma invece sul sesto (!!!) comandamento). Il primo ha un effetto travolgente, premio della Giuria a Cannes, il secondo vince a San Sebastian. Ora Kieslovski può godere di maggiore autonomia e libertà creativa. Viene realizzato così il magnifico Decalogo (1989-1990) in 10 episodi e poi le escursioni europee, prima con il suggestivo e intricato La doppia vita di Veronica (1991, con la Jacob) per proseguire poi con un’altra magnifica trilogia sui colori e il significato della bandiera francese (liberté, egalité, fraternitè): Tre colori- Film Blu (1993), Leone d’oro a Venezia e tre Cesar, Tre colori-Film Bianco (1994), Orso d’Argento a Berlino, Tre colori-Film Rosso (1994), tre Nomination agli Oscar per regia, sceneggiatura e fotografia. Sarà l’ultimo lavoro che lui dirigerà. Il suo cuore malandato (era anche un incallito fumatore) si arresterà il 13 marzo 1996, a 54 anni, dopo averci lasciato un pacco di sceneggiature (tra cui, realizzate, un Paradiso, Heaven 2002, diretto da Tom Tykwer e un Inferno, L’enfer 2005, da Danis Tanovic).

    3. IL CINEMA METAFISICO

    Per lui non è davvero esagerato parlare di cinema metafisico, di cinema che si interroga sull’animo dell’uomo, sulla colpa, sulla responsabilità morale, senza trascurare poi l’intervento arbitrario del Caso, con effetti spesso tragici o drammatici ma qualche volta anche umoristici.

    film blu
    Juliette Binoche in “Tre colori – FIlm Blu”

    4. PESSIMISMO E CREATIVITÀ

    Inevitabile porsi infine una domanda sul suo pessimismo così radicale, come sia riuscito a farne stimolo e materia di creatività. Come dichiarò a Serafino Murri (nel volume a lui dedicato edito da Il Castoro) riguardando la sua obbedienza alle scelte di quel caso (che si fa necessità) che l’ha portato al cinema: “Io più che di necessità parlerei di una speranza, della speranza che comunicare sia possibile… non si tratta dell’astratto bisogno di raccontare una storia. È il bisogno di narrare una storia per trovare qualcuno che abbia il biogno di ascoltarla. Per questo bisogna saper sentire il profumo dell’aria. Per fare del cinema”.

    5. LA SUA LEZIONE

    Per questo la lezione di Kieslowski è quella di un Maestro. Di un poeta, di un intellettuale e di una persona. Che non bisogna assolutamente disperdere nell’oblio, ma raccoglierla e passarsela “cinefilicamente” di mano in mano, da sguardo a sguardo, da parola a parola.

    Massimo Lastrucci

    Redazione

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