LA RIVOLTA DI “SONITA” A COLPI DI RAP

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Sonita vuole diventare una rapper, ma a quattordici anni per le ragazze in Afghanistan non c’è spazio per i sogni. Il destino che la sua famiglia ha scelto per lei è quello di andare in sposa a un uomo disposto a pagare novemila dollari. Con quei soldi, il fratello di Sonita potrà, in cambio, comprare una moglie. È il mercato delle spose bambine in cui non si baratta amore ma solo denaro. Tanto c’è sempre la tradizione a giustificare sempre tutto. La regista Rokhsareh Ghaemmaghami racconta la storia in Sonita: il documentario che aveva già stregato il Sundance Film Festival 2016 viene ora presentato in anteprima nazionale al Biografilm Festival di Bologna dal 10 al 20 giugno. «Il mio futuro è brillante, non preoccupatevi per me», canta a ritmo di rap Sonita, che vive a Teheran come rifugiata e considera Michael Jackson e Rihanna i suoi genitori ideali. 

«Lascia che ti sussurri queste parole, così che nessuno senta che sto parlando delle bambine vendute. La mia voce non dovrebbe essere ascoltata perché contro la Sharia, le donne devono rimanere in silenzio», attacca così Bride for Sale, la canzone che Sonita ha scritto come segno di protesta contro la tradizione del suo Paese. La musica le offre la voce che l’Afghanistan vorrebbe ammutolire, una via di fuga al suo terribile destino. E l’evasione diventa un sogno: dagli Stati Uniti le offrono una borsa di studio per continuare a prendere lezioni di canto.