ROMAFF10: “LEGEND”, SANGUE DEL MIO SANGUE

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I gemelli Kray, criminali nella Londra degli anni ’60, sono i protagonisti di Legend, un film che fa del doppio il filo conduttore. Con un Tom Hardy sdoppiato e complesso

Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna! ». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
(Genesi, Capitolo 4)

LegendTutti conoscono la storia dell’assassinio di Abele per mano di suo fratello Caino. Non tutti conoscono altri due fratelli, ovvero i gemelli Reginal e Ronald Kray. Gangster oltre che gemelli. Ron schizofrenico oltre che che criminale. Entrambi pericolosi, complessi, sfaccettati. Come Caino e Abele, scambiandosi costantemente il ruolo di Caino. Solo metaforicamente, però. Perché i Kray, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, nella Londra dei club e dello swing, tenevano in pugno l’East End, a forza di violenze, frodi, racket e contrabbando. Il parallelo con Caino e Abele, dunque, non è azzardato: Reg e Ron Kray si sono uccisi a vicenda, pian piano, sbaglio dopo sbaglio, portandosi, fianco al fianco, sempre e comunque, all’autodistruzione. Una storia estremamente coinvolgente e, per questo, estremamente cinematografica. Tant’è che Brian Helgeland – regista dell’ottimo 42, nonché sceneggiatore premio Oscar per L.A. Confidential – ne ha fatto un film, Legend. Anch’esso diviso a metà, scisso per intenzioni e linguaggio nei suoi 131 minuti che rimbalzano, come un’epopea, sullo sguardo dei gemelli, entrambi interpretati, pensate un po’, dall’eccezionale Tom Hardy. L’attore britannico, nel film presentato alla Festa del Cinema di Roma e in arrivo nelle sale italiane il 21 gennaio 2016, intraprende un percorso recitativo complesso e impervio; perché se Peter Sellers ne Il Dottor Stranamore interpretava eccezionalmente due parti nello stesso film, Tom Hardy da il volto a due fratelli gemelli, così uguali ma comunque diversi. Molto diversi.

La storia, dicevamo, fluisce sino al finale in modo frastagliato ma comunque dirompente. C’è tanta regia, notevole ma mai compiaciuta. Ci sono le risse da bar fischiettate come nei film western, molto humour, una storia d’amore dannata (quella tra Ron e Frances Shea, narratrice voice over del film e interpretata da Emily Browing) e, oltre la semplice vicenda di due criminali – a cui però, finiamo per affezionarci – , troviamo l’aspetto più complesso e affascinante: il rapporto speculare di due gemelli, legati dal sangue e dai sogni, dal passato e dalla voglia di futuro, pure se è troppo piccolo (e inevitabilmente doloroso) per due personaggi del genere. Quindi, Legend, che dosa in modo altalenante le emozioni, in base allo stesso umore dei fratelli Kray, porta lo spettatore nel loro centro del mondo. Anche qui spaccato in due, differente per Ron e differente per Reg. E il film, scena dopo scena, scopre questo mondo: contraddittorio, violento, folle. Ma soprattutto inarrestabile, in grado di asfaltare come un rullo pure l’amore, ancora di salvezza, centro del mondo, effimera difesa.

Damiano Panattoni