Apartment 7A, la recensione del prequel di Rosemary’s Baby

Natalie Erika James ci porta nel passato dei Castevet al Bramford di New York

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Apartment 7A

Inizialmente tenuto ‘top secret‘, si parla da tempo del progetto del prequel del cult di Roman Polanski Rosemary’s Baby, comprensibilmente. Soprattutto per una forma di timore a confrontarsi con un tale classico e poi per creare un clima di grande attesa per l’Apartment 7A di Natalie Erika James, che dal 28 settembre trovate disponibile in streaming tra le novità di Paramount+. Interpretato dalla Julia Garner di Ozark, scelta come protagonista e affiancata dalla coppia di ‘nuovi’ Minnie e Roman Castevet Dianne Wiest e Kevin McNally, il film offre un interessante – per quanto non indispensabile – contesto alla storia pubblicata nel libro di Ira Levin sul quale si basava il film originale, e una gustosa chicca da rigiocarsi per il prossimo Halloween.

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IL FATTO:

La giovane e ambiziosa ballerina Terry Gionoffrio (Julia Garner) sogna fama e fortuna a New York, ma dopo aver subito un doloroso e invalidante infortunio, una coppia di ricchi anziani (Dianne Wiest e Kevin McNally) la accoglie nella loro casa nel lussuoso Bramford  Building dell’Upper West. Quando l’influente produttore di Broadway (Jim Sturgess) – loro condomino e amico – offre alla ragazza un’altra possibilità, sembra che tutti i suoi sogni si stiano finalmente realizzando. Tuttavia, dopo una serata che non riesce a ricordare del tutto, circostanze inquietanti la portano presto a riconsiderare i sacrifici che è disposta a fare per la sua carriera, mentre si rende conto che qualcosa di malvagio vive non solo nell’appartamento 7A, ma nello stesso palazzo.

Apartment 7A

L’OPNIONE:

L’Appartamento 7A è ovviamente quello dei coniugi Minnie e Roman Castevet, reso tristemente famoso dal film di Polanski, che nel 1968 ambientò il suo cult in quel Dakota Building tristemente famoso per aver fatto da sfondo all’assassinio di John Lennon. È ancora quell’imponente e massiccio edificio a dominare la scena – anche se coinvolto solo negli esterni di questo prequel – e a fare la sua parte nella (ri)costruzione di un contesto inquietante, sebbene non come quello dei ‘bei tempi’ andati…

Altrettanto ovviamente, ci si muove nel thriller soprannaturale, oltre che psicologico, e in un 1965 nel quale la povera Rosemary non aveva ancora messo piede. Una assenza di peso, compensata da qualche citazione più o meno esplicita (come quella della lettera scritta dalla ormai defunta Mrs. Gardenia di Tina Gray che Rosemary scorge visitando l’appartamento) ed errori di continuità. Il più evidente quello del finale, abbastanza fedele alla scena dell’originale cui si riferisce, ma poco coerente con quanto mostrato nelle scene precedenti; il più evitabile, quello dell’incontro nel basement tra la nostra protagonista – per quanto rinominata in Terry Gulliver dal doppiaggio dell’epoca – e Mia Farrow, appena arrivata nel palazzo.

Errori veniali di un racconto che sceglie di affrontare un percorso non semplice, condizionato inevitabilmente dalla necessità di tornare dove tutti sappiamo, in più riuscendo a creare tensione e sorpresa. Un compito arduo, che il film in parte svolge, prendendosi meriti del classico che fu e scontando la poca originalità tipica di molti prequel. Purtroppo, infatti, non bastano passaggi segreti e nuovi personaggi a migliorare l’intreccio, che a tratti fa pensare più a una ennesima riedizione del vecchio Suspiria.

Buone le scelte di casting (forse l’elemento migliore dell’operazione, sebbene il più ‘facile’ e non sufficiente a renderla significativa), a partire dalle due donne a confronto. Ma se da una fuoriclasse Premio Oscar come Dianne Wiest non ci si sarebbe potuto aspettare niente di meno, qualcosa in più avremmo chiesto alla Julia Garner di Ozark, che non risolleva granché il bilancio finale, al quale avrebbe giovato maggiori drammatizzazione e coinvolgimento.

Il risultato finale è comunque un buon prodotto di intrattenimento, tanto più televisivo, che  certo avrebbe potuto osare un po’ di più negli spazi lasciati vuoti da Polanski, trovando risposte che speriamo non vengano affidate a un ulteriore capitolo della saga.

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Ovviamente l’originale Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York, diretto da Roman Polański nel 1968, al quale questo film si ricollega. E magari i due episodi della omonima miniserie NBC, ambientata a Parigi, realizzata nel 2014 da Agnieszka Holland con Zoe Saldana. Meno noti, e per appassionati curiosi, amor di completezza spinge a segnalare il film tv del 1976, Guardate cosa è successo al figlio di Rosemary, con Ruth Gordon nei panni di Minnie Castevet, e il remake  turco – non ufficiale – del 2016, Alamet-i-Kiyamet (in attesa che qualcuno decida di azzardare un rifacimento dopo il progetto Paramount cancellato nel 2008).

Il trailer di Appartamento 7A

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
apartment-7a-la-recensione-del-prequel-di-rosemarys-babyApartment 7A, Usa, 2024. Regia: Natalie Erika James. Con: Julia Garner, Dianne Wiest, Kevin McNally, Jim Sturgess, Tina Gray. Distribuzione: Paramount+. Durata: 1h 44'