Barbera si racconta al Bif&st: dalla passione per il cinema agli esordi come direttore artistico

Al Teatro Petruzzelli l'incontro con il direttore della Mostra del cinema di Venezia, premiato con con il “Bif&st Arte del Cinema”

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Alberto Barbera

«Il cinema ha la capacità di raccontare chiaramente certi meccanismi della realtà, astrusi e complessi, attraverso il suo linguaggio, che va al di là di quello giornalistico o mediatico», ha esordito Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, all’incontro del Bif&st 2025 al teatro Petruzzelli, dopo la proiezione de Le mani sulla città di Francesco Rosi.

«Nonostante questo il cinema italiano non ha un flusso costante di qualità. Nel tempo ha avuto alti e bassi. Partendo dagli anni ’10, in cui è stato protagonista assoluto del cinema muto, tanto da influenzare anche gli hollywoodiani, prima di entrare nel cono d’ombra degli anni ’20 e ’30, in cui non ha prodotto nulla di particolarmente originale. Poi c’è il periodo del dopoguerra, l’avvento del neorealismo: dovuto ad una esigenza, girare al di fuori di Cinecittà, ormai inagibile, portando a nuovi linguaggi e ad una nuova estetica. Il cinema italiano ha avuto un’influenza incredibile e straordinaria che ancora oggi si riverbera nel cinema internazionale».

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La passione per il cinema, Barbera l’ha sviluppata fin dall’infanzia. A Biella, il piccolo paesino in cui è nato, lo zio faceva il cassiere del cinema parrocchiale, che Barbera frequentava già all’età di 5 anni, facendosi accompagnare dalla madre, finché non gli è stato concesso di raggiungerlo in autonomia.

«Da bambino volevo fare l’attore, verso i 14 anni ho capito che contava di più il regista, poi mi sono reso conto di due cose: il mondo era pieno di registi e per farlo bisognava avere talento. Così, una volta a Torino, ho cominciato prima a scrivere le schedine di presentazione che venivano distribuite gratuitamente fuori al cinema d’essai, fino a quando, dopo la leva militare e un anno come insegnante alle medie, ho cominciato a scrivere per la Gazzetta del Popolo recensendo i film.  è un esercizio formativo straordinario poi il giornale è fallito e ho avuto un secondo colpo di fortuna: nell’’82 a Torino si fonda il nuovo festival del cinema e il suo presidente era un mio docente universitario, che mi ha fatto lavorare prima come ufficio stampa poi come segretario generale. Nel ’89, quando ha lasciato la direzione del festival, l’ha passata a me e così è cominciata la mia carriera che dura fino ad oggi».

Tre i registi che vanno necessariamente conosciuti secondo Barbera: François Truffaut, da cui è partita la sua educazione sentimentale e cinematografica; John Ford, conosciuto per i western anche se ha girato film di tutti i generi; e Roberto Rossellini, perché è il padre di tutta quella generazione nata dopo di lui e che ha imparato a fare cinema grazie ai suoi film.

«Bisogna vedere tutto senza pregiudizi, spinti dalla curiosità – ci ha tenuto, però, a precisare – e le novità non vanno demonizzate. Oggi, ad esempio, la serialità occupa uno spazio importante e se anche dei grandi registi come Alfonso Cuarón si lanciano nella realizzazione di un prodotto serale siamo di fronte ad un arricchimento dell’universo cinematografico, che dobbiamo capire ed abbracciare. Il cinema è potente e va trattato per quello che è: una fonte inesauribile di novità e di dialogo».