Black Phone, la paura della memoria

Arriva nelle sale italiane il nuovo horror di Scott Derrickson interpretato da Ethan Hawke. E promette emozioni forti

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The Black phone trailer
The Black Phone

Scott Derrickson e l’horror, una lunga storia d’amore e paura. È così che ha iniziato il regista passato anche per il Marvel Cinematic Universe con Doctor Strange. Prima sceneggiatore per sequel di saghe affermate con Urban Legends: Final Cut ed Hellraiser: Inferno.

Poi esordendo dietro la macchina da presa e mostrando subito un grande talento. Non a caso L’esorcismo di Emily Rose debuttò alla Mostra del cinema di Venezia 2005, grazie alla passione per il genere dell’allora direttore Marco Muller. Dopo sarebbero arrivati Sinister (scientificamente provato come uno dei film più paurosi della storia del cinema) e Liberaci dal male, film passato alquanto inosservato, ma molto da rivalutare.

Dopo avere abbandonato la produzione di Doctor Strange nel multiverso della follia per disaccordi creativi con Kevin Feige, Derrickson non si è certo perso d’animo. Anzi. È tornato a una dimensione meno mastodontica per raccontare una storia che fa ancora più paura delle precedenti perché, nonostante sia tratta da un’opera letteraria, riecheggia esperienze molto personali del regista stesso.

Black Phone ruota attorno al rapimento di un tredicenne (interpretato dal giovane Mason Thames) in una cittadina del Colorado alla fine degli anni Settanta. L’uomo che lo ha
fatto prigioniero è un killer di bambini, che lo reclude in una stanza sotterranea insonorizzata dove l’unico apparente contatto con l’esterno è un misterioso telefono nero.

Nonostante abbia i fili tagliati, l’apparecchio squilla ugualmente, dall’altro capo della cornetta giungono le voci degli unici che possono salvargli la vita.

«Black Phone è tratto da un racconto di Joe Hill, il figlio di Stephen King» ci ha spiegato il regista con cui Ciak ha parlato poco dopo l’anteprima del film al Fantastic Fest di Austin, Texas, nello scorso settembre.

«Una storia che mi aveva affascinato da subito e che volevo portare sullo schermo da molto tempo, per ragioni soprattutto personali. Sono nato e cresciuto a Denver, in una zona degradata. Erano anni difficili, la situazione sociale era molto dura, le persone dei ceti più bassi vivevano al limite della sopportazione e c’era una paura costante. In quel periodo Ted Bundy aveva mietuto alcune delle sue vittime in Colorado. Io stesso ho conosciuto la violenza sin da molto piccolo, in casa e nel quartiere in cui vivevo. Il racconto di Joe Hill mi ha riportato a quegli anni e ho sentito la necessità di raccontarli».

Forse il rapporto di Scott Derrickson è in questo senso anche catartico, dato che è un genere da cui proprio non riesce ad allontanarsi.

«Mi affascina, per molte ragioni, ma la principale è senz’altro il rapporto con un’emozione potente come la paura, che porta le persone ad avere reazioni imprevedibili».

In Black Phone Derrickson torna a lavorare con Ethan Hawke, dopo la loro prima collaborazione insieme in Sinister. L’attore sembra avere intrapreso quel momento nella carriera di un attore in cui interpretare personaggi estremi è uno stimolo in più. Lo abbiamo visto da poco villain della serie Marvel Moon Knight e re vichingo in The Northman di Robert Eggers.

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«Lavorare con Ethan è un piacere, è un attore di straordinario talento, ma non solo, è anche un bravo regista e un eccellente scrittore, quando lavoriamo insieme collaboriamo molto sulla sceneggiatura e sul set è un valore aggiunto per me».

Black Phone è prodotto dalla Blumhouse, horror factory che Derrickson conosce bene.

«Ho già lavorato con Jason Blum per Sinister ed è stata una magnifica esperienza. Blumhouse lascia assoluta libertà creativa ai suoi registi, il che permette di potersi spingere un po’ più lontano».

Black Phone è nelle sale italiane dal 23 giugno, distribuito da Universal Pictures Italia.