L’analisi: dal Messico al dopo Weinstein, perché i Premi Oscar 2018 rimarranno nella storia

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I 90 anni dell’Oscar non hanno riservato nessuna grande sorpresa, ma molte grandi conferme. Le doppia coppia di attori, protagonisti e non, avevano già vinto praticamente tutti i premi dell’anno (con pochissime eccezioni, come quella il giorno prima della rivelazione Timothée Chalamet, agli Spirit Awards, perché il Churchill dell’immenso Gary Oldman era il film di uno Studios, quindi non indipendente).

Anche se i due italiani in gara, Luca Guadagnino e Alessandra Querzola, non hanno vinto le rispettive categorie (miglior film per Chiamami col tuo nome e production designer per Blade Runner 2049) in sala sono risuonati ugualmente parole di ringraziamento italiane, grazie a Kobe Bryant che ha studiato e giocato a Milano, e che vinto l’Oscar col corto animato Dear Basketball, tratto dalla poesia dedicata allo sport che l’ha reso un mito, il giorno del suo ritiro.

James Ivory, Oscar alla miglior sceneggiatura non originale per Chiamami col tuo nome

Ma ovviamente l’Oscar alla sceneggiatura di James Ivory per Chiamami col tuo nome (e le quattro nomination complessive del film) mettono agli atti che Luca Guadagnino è un regista non solo molto originale, ma anche molto internazionale. Che oltretutto persegue snobisticamente solo quello che ama (sta per realizzare il suo sogno di diventare interior designer e arredare casa perfetta per un cliente ricco che se la può permettere). Nel frattempo sul numero speciale del sofisticato periodico W, intitolato “director’s cut”, è stato invitato insieme ai colleghi Jordan Peele e Greta Gerwick, a fotografare un servizio di moda come fosse il set di un film. Il suo si intitola Sister My Sister, è ambientato nel deserto del Mojave, interpretato dalle modelle Adwoa Aboah e Rianne van Rompaey , ed è ispirato a Diane Arbus, a Kubrick e a Tod Browning.

Nessun ha veramente dominato la serata dell’Oscar, perché alla fine i premi se li sono spartiti ben 10 film, ma la doppietta di Guillermo del Toro con La forma dell’acqua, regia e miglior film, rimarrà nella storia perché gli permette di uguagliare i suoi amici e connazionali Alfonso Cuaron (Oscar per la regia di Gravity) e Alejandro González Iñárritu (tre oscar per Birdman – o L’imprevedibile virtù dell’ignoranza e uno per Revenant-Redivivo). E’ la quarta volta in appena cinque anni che risuona il grido di vittoria Que viva Mexico!. Ancora un po’ e il muro tanto agognato da Donald Trump, potrà essere fatto di Oscar invece che di cemento…

Jordan Peele, Premio Oscar alla miglior sceneggiatura originale per Get Out

Di statuette storiche ce ne sono state almeno altre tre: quella di Netflix col documentario Icarus, e quella di Jordan Peele, appena il quinto regista nero nominato, ma da oggi il primo sceneggiatore nero ad averlo vinto. E onore anche al grande Roger Deakins, genio della fotografia (detto il terzo fratello Coen per aver lavorato con Ethan e Joel in ben 12 film) finalmente premiato per Blade Runner 2049 dopo ben 14 nomination.

E’ stato anche il primo Oscar dell’era D.W, dopo Weinstein, ma mai assenza fu più rumorosa. Anche il Los Angeles Times della domenica ha voluto celebrare quello che ormai sarà per sempre l’elefante nella stanza, o fuori, con una vignetta che non ha bisogno di parole. Come quella, invece affettuosa, dedicata da Playboy a Guillermo del Toro, mostro ad honorem.

Marco Giovannini

 

Guillermo Del Toro nella vignetta di Playboy

La vignetta su Harvey Weinstein del Los Angeles Times