Perché fai film? Rispondono i grandi registi. Parte 3

In questa terza puntata le risposte dei grandi maestri del cinema scomparsi: da Robert Bresson, a Federico Fellini e Sergio Leone

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Nel purtroppo (per me particolarmente) lontano maggio 1987, il quotidiano francese Liberation pubblicava un poderoso allegato intitolato “Pourquoi filmez vous?” (“Perché fai film?”) , in cui poneva la domanda – per qualcuno oziosa per altri fondamentale – a mille dei cineasti più importanti (allora) del pianeta. Abbiamo pescato alcune delle risposte e ve le riproponiamo (abbiamo scelto tra quelli ancora viventi, sigh). Perché i motivi dell’uno possono spalancare le finestre al senso di un’altra domanda più generale e collettiva: “perché guardare i film?”.

Dopo la prima puntata, e la seconda, terminiamo con una antologia di grandi registi che non sono più tra noi. Ecco cosa risposero in quel maggio 1987 sull’allegato di Libération.

THEO ANGELOPOULOS

“Quando ho cominciato, nel 1965, a fare del cinema era come una festa, era come se partecipassi alla ri-creazione del mondo. Oggi io continuo a fare film per me, per i miei amici e per addolcire il trascorrere del tempo”.

ROBERT BRESSON

“Per vivere”.

CLAUDE CHABROL

“Le ragioni per cui faccio film non sono molto razionali. Probabilmente c’è una parte di infantilismo: costruire un universo parallelo con leggi proprie e i suoi miracoli. Una parte di idealismo: moralizzare questo universo a oltranza sino a renderlo utopico. Una piccola parte di cinismo: il confrontare questo universo utopico con dei dati identificabili come realistici e più il confronto è brutale più il cinismo è apparente. Una grossa parte di humour: tutto questo, in definitiva, deve essere capace di farci ridere o comunque di solleticarci. Peraltro non filmerei più se non potessi aggiungere a questo cocktail una scorzetta di disperazione sufficiente a riscaldare il cuore. Io filmo perché mi diverto filmando”.

MICHAEL CIMINO

“Se sapessi perché, probabilmente non filmerei più”.

JULES DASSIN

“All’inizio facevo film nella speranza di capire come si fanno i film. In seguito ho continuato a fare film perché ero così preso nel gioco che non riuscivo più a immaginare un’altra maniera di vivere. Paragonati ai registi, i gatti hanno meno vite, perché è vero che la realizzazione di ogni film è una nuova vita”.

JONATHAN DEMME

“Io faccio film perché questo nutre le mie paure più essenziali, il miracolo delle relazioni umane, la mia inevitabile dipendenza dai suoni e dalle immagini e anche il bisogno materiale di guadagnare il mio modo per poter rimanere vivo”.

STANLEY DONEN

“E’ la sola cosa che io abbia mai voluto fare… non ho mai voluto nessun altro tipo di lavoro. Posso ripetervi una cosa che dissi già una volta: la regia è come il sesso, quando funziona, funziona molto bene e funziona ancora di più”.

FEDERICO FELLINI

“Non saprei come rispondere. Avevo già scritto che non mi sarei mai aspettato di diventare un regista. Ma al primo giorno, la prima volta che ho gridato “Motore! Azione! Tagliare!” mi è sembrato di non aver mai fatto altro, era quella la mia strada. Quando faccio film non mi propongo di fare null’altro che seguire questa inclinazione naturale, delle storie che mi sono congeniali e che mi piace raccontare in una inestricabile mistura di sincerità e invenzione, di voglia di sorprendere, di confessarmi, di assolvermi, di desiderio forsennato di piacere, di interessare, di fare la morale, il profeta, il testimone, il clown, di fare ridere e condividere. C’è bisogno di qualche altra ragione?”.

SAMUEL FULLER

Mi ricordo quel che dissi a Belmondo in Il bandito delle 11 di Godard: “Il cinema è un campo di battaglia”. Io adoro battermi, ma solamente se non c’è neppure una goccia di sangue versato. Con humour, azione, amore, emozioni incontrollate, il cinema rispecchia l’umanità meglio di qualunque altra arte”.

ELIA KAZAN

“Perché è il linguaggio del mondo di oggi. Noi comunichiamo gli uni con gli altri con i film e talvolta, se ho qualche cosa da dire,  allora dico la mia”.

AKIRA KUROSAWA

“Realizzo opere per stabilire una comunicazione con il massimo della gente. Non sono molto portato all’eloquenza, non so esprimermi pienamente che grazie ai miei film. Per questo filmo”.

SERGIO LEONE

“Il piacere specifico che deriva dalla possibilità di esprimermi con i trucchi del cinema è, per me, legata all’opportunità che fornisce il cinema di una prospettiva in rapporto ai tempi. Non è che attraverso il cinema che i tempi possono contrattaccare, dilatarsi, attendere e che il movimento assuma il potere di rallentare, d’accelerare, di arrestare il corso di una storia”.

LOUIS MALLE

“Non saprei cos’altro fare”.

ERMANNO OLMI

“Ho cominciato a fare film perché era un gioco. Un gran bel gioco. Oggi continuo perché questo mi permette di stare bene con gli altri, in compagnia degli altri. Tutto il resto è senza importanza”.

NAGISA OSHIMA

Ho scritto altrove: “fare un film è commettere un crimine”. Le ragioni per  le quali sono un regista sono circoscritte a questa frase. Il piacere discreto dell’elaborazione di un delitto, il cuore che si stringe, il cuore che palpita al momento del passare all’azione e poi, durante le riprese, la voluttà di donarsi al proprio inconscio. In un’altra  occasione avevo scritto “dietro la cinepresa io provo un piacere simile all’eiaculazione”. Poi quando ho finito di girare, un sentimento di fatica, il tormento, la dannazione…per me filmare è l’opera del Gran Maestro delle Tenebre”.

SYDNEY POLLACK

“Faccio film per continuare a esplorare i due lati di una questione di cui ignoro la risposta. Perché io possa cercare di scoprire la verità di quel che esiste  e sognare la verità di quel che dovrebbe essere. Quando questo funziona, le due verità convivono nel film”.

ARTHUR PENN

“Non ho avuto scelta. Il cinema è una droga, sono vittima dell’abitudine. A volte è fantastico, a volte è scomodo e può essere ignominioso. Il tempo che ho consacrato al teatro mi ha aiutato a sopravvivere alla mia ossessione per il cinema. E’ lì che mi sento me stesso. Un gruppo di attori, un drammaturgo, uno spazio di silenzio e una serie di idee e di emozioni da mettere in ordine, da estrarre, da rendere vive. Il silenzio e la tranquillità. Nessuno può ritrovare se stesso nel caos di un film. Io vado alla deriva su mari strani e malvagi. Si gira nel disordine, alla mercé del denaro, travestendo le idee in dolciumi, sapere di vivere troppo bene per bevi periodi e rischiare di fallire finché non si tenti di ordinare i nostri sogni impazziti in un tutto coerente. E’ un gioco pericoloso. Adoro il pericolo”.

Ci congediamo con una citazione (peraltro celebre e usurata) da Orson Welles, il mago.

“Il cinema è il più bel trenino elettrico che sia mai stato inventato”

Perché fai film? Rispondono i grandi registi. Parte 2