Finch, la recensione del film con Tom Hanks

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LA STORIA — L’ambientazione è post-apocalittica: uno dei pochi sopravvissuti a un cataclisma che ha trasformato la Terra in una landa desolata, bruciata da un sole i cui raggi sono diventati mortali, è Finch (Hanks), ingegnere elettronico che ormai da un decennio vive rinchiuso in un bunker sotterraneo. Essendo malato terminale, l’uomo decide di costruire un robot (Jones che, oltre alla voce, dà anche i movimenti al personaggio grazie alla motion capture) battezzandolo Jeff e istruendolo in modo che possa badare al suo cane Goodyear quando lui morirà. L’ingegnere, il cane e il robot, nel loro viaggio verso ovest, s’imbatteranno in una bambina miracolosamente sopravvissuta al cataclisma, formando così un bizzarro nucleo famigliare.

L’OPINIONE — «Robots must protect dog», sono le prime metalliche parole pronunciate da Jeff, a dimostrare che Finch ha saputo integrare nei suoi circuiti l’imperativo categorico della protezione dell’amato cane, in una tenerissima aggiunta alle tre leggi della robotica create nel 1942 da Isaac Asimov e pensate allora per proteggere gli esseri umani da eventuali malfunzionamenti robotici. L’educazione” di Jeff è la parte più godibile di questo film, con duetti surreali tra lui e Finch dove si toccano punte di ilarità surreale e persino di poesia, pur nel doloroso contesto di un film che mostra un mondo devastato e un protagonista destinato alla morte. La progressiva scoperta di Jeff del senso della vita offre un’occasione di riflessione anche per gli spettatori, diventando un saggio invito a godere del proprio presente, invece di affannarsi su cose che, quando saremo giunti alla fine, non conteranno nulla.

SE VI È PIACIUTO GUARDATE ANCHE… Io sono leggenda (2007) di Francis Lawrence, con Will Smith, e The Midnight Sky (2020) di e con George Clooney, sono i due film più vicini al tema di Finch, ma quando si vede Tom Hanks in assolo è inevitabile ricordarlo in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis.