Kevin Costner con tutta la tenacia delle sue convinzioni sul suo nuovo western ha presentato Fuori concorso la prima parte di Horizon: An american Saga al 77° Festival di Cannes. A fronte delle difficoltà produttive che ha dovuto affrontare per realizzare il terzo western della sua carriera da regista, dopo Balla coi lupi (1990) e Terra di confine – Open Range (2003), Costner si presenta alla stampa con la convinzione di chi crede fermamente nel proprio progetto.
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“Non penso che i miei film siano migliori di altri, ma nemmeno il contrario. Li faccio per le persone. Io credo che quando si spengono le luci in sala qualcosa di magico accade e la storia ci trascina. Dopo tre ore, non sempre tre, ma spesso si tratta di trascorrere tre ore insieme, torniamo al nostro lavoro, andiamo a prendere i bambini a scuola, ma i film restano sempre per noi l’occasione di vivere qualcosa che non dimenticheremo mai. Per questo ne ho fatto un altro e ne farò un altro ancora, anche se non ho finanziatori milionari che mi aiutino”, dice Kevin Costner a Cannes 2024.
Horizon: An American Saga
Horizon: An American Saga è un affresco storico, diviso in capitoli, sulla conquista del West. Ambientato prima e dopo la Guerra Civile americana, il film racconta una storia epica in cui i nativi americani vedono le loro terre colonizzate da coloro che erano decisi a stabilirvisi ad ogni costo, in un intreccio di sogni, speranze, ostacoli e crudeltà.
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Costner ha voluto che anche suo figlio Hayes recitasse nel film: “Io voglio che i giovani emergano e non voglio favorire i miei figli togliendo spazio ad altri ragazzi che faticano a trovare un posto in questo ambiente, ma sono un padre e volevo Hayes vicino a me. Sono stato lontano da casa a lungo e questo era un modo per tenere la mia famiglia vicina”.
Confermando la sua grande passione per il western, Costner ha spiegato il senso della sua scelta di realizzare questo film ad ogni costo. “Tendiamo a credere che il western sia un genere semplice, ma vivere nel West non era affatto semplice. Vivere a Cannes, a Parigi o a Los Angeles è semplice, ma allora era terribilmente complicato: c’erano persone che parlavano lingue diverse, non c’era legge, c’erano le pistole. Non mi piacciono i western semplici, questi film hanno bisogno di un alto livello di complicazione e rischio. È difficile scrivere un buon western. Non so se questo lo sia, ma è sicuramente il miglior western che io e John Baird potessimo scrivere. C’è compassione e humor, lasciando anche spazio a importanti ruoli femminili. Certamente ci sono sparatorie e tutte le cose per cui i western sono conosciuti, ma ci sono anche scene che narrano quanto quelle persone siano simili a noi, con le nostre stesse esigenze, come lavarsi, in un ambiente inospitale e difficile. I film devono avere qualcosa in comune con noi oppure non li guardiamo. Quando ci riconosciamo in quella storia si creano momenti che non si possono dimenticare”.
In una Cannes che effettivamente mischia l’arte cinematografica al glamour di party esclusivi, cene di gala e tappeti rossi, Costner tiene a sottolineare che questo Festival rappresenta per lui invece l’occasione di aiutare il suo film ad emergere: “Essere qui può fare la differenza. Balla coi lupi e Terra di confine sono due film veramente americani, ma ora Horizon è andato oltreoceano”.