Nell Tiger Free: “Non sono una horror snob, amo la Omen Saga”

0
nell tiger free Omen

1976: il mondo venne sconvolto dall’avvento dell’Anticristo. Non è cronaca, o meglio, sì, ma cinematografica. Il presagio, diretto da Richard Donner e con protagonisti Gregory Peck e Lee Remick, racconta di una coppia americana, lui un importante diplomatico, che perde alla nascita il loro primo figlio. Con la donna ancora ignara della tragedia, l’incauto Robert Thorn accetta di scambiare nella culla il piccolo con un altro neonato. Da dove arriva quel bambino lo scopriamo oggi grazie a Omen – L’origine del presagio, prequel ed ennesimo capitolo della saga che arriva nelle sale italiane il 4 aprile distribuito da Walt Disney Company.

LEGGI ANCHE: Omen – L’origine del presagio, intervista ad Andrea Arcangeli e Nicole Sorace

Diretto da Arkasha Stevenson, al suo esordio nel lungometraggio, è interpretato da Nell Tiger Free, già protagonista della serie di M. Night Shyamalan, Servant. Giovane talento britannico, ci siamo fatti raccontare dalla diretta interessata tutto quello che c’è da sapere del film.

Conoscevi la saga de Il presagio prima che ti proponessero il ruolo?

Ho visto tutti i film prima ancora di fare il provino. Sono una di quegli snob dell’horror, lo amo i film fin da bambina. Quindi ero una grande fan de Il presagio. Avere l’opportunità di far parte di questa storia è stato fantastico.

Dicci qualcosa sul tuo ruolo e sull’impostazione del film, che oltretutto è stato girato a Roma.

Sì, abbiamo girato tutto a Roma. È la storia di una giovane donna americana, Margaret, che interpreto, che arriva in Italia per farsi suora e scopre che si sta ordendo una oscura cospirazione intorno a lei. Cercherà di mettere insieme i pezzi del puzzle mentre il suo mondo si sta sgretolando.

C’è un legame con il primo film della saga?

Certo. La storia era in cantiere da molto tempo e a un certo punto tutti i pezzi si sono uniti. Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato: “Oh, sì, ha senso. Funziona”. È stato fantastico, perché non sapevo cosa aspettarmi. L’ho letta prima di ottenere il ruolo e ricordo di aver pensato: “Se non ce la farò, andrò comunque a vederlo perché voglio vedere come faranno”. È in qualche modo inestricabilmente legato a tutto ciò che viene dopo e ne spiega il perché.

Com’è il tono del film? È spaventoso, gore, splatter o più psicologico?

È molto psicologico, ma è una miscela, con una violenza mai gratuita, presente perché necessaria.

Non è la tua prima corsa nell’horror, quattro stagioni di Servant sono sufficienti per diventare un’esperta. La cosa interessante di quella serie è che hai lavorato con alcuni bravissimi registi. Shyamalan, ovviamente, ma anche Julia Ducournau, Nimrod Atal e Kitty Green. Quanto hai imparato da loro?

Sì, è stato sorprendente e bello, perché tutti lavoravano in modi così specifici e diversi nel gestire la storia. Io e gli altri tre protagonisti eravamo la costante, mentre i registi erano i nuovi arrivati. È stato divertente avere diverse prospettive e interpretazioni dei personaggi con cui abbiamo convissuto per tanto tempo, ha aiutato a mantenerli freschi.

All’inizio pensi: “Aspetta un attimo, lo conosco bene questo personaggio”, ma poi ti rendi conto che ogni prospettiva è valida. È stata una masterclass, ho visto persone di incredibile talento entrare e uscire come da una porta girevole. È stato illuminante e allenante lavorare con diversi stili di regia e diverse visioni. Sono stata fortunata.

Anche per la possibilità di lavorare in Omen con tre attori straordinari: Bill Nighy, Charles Dance e Sonia Braga.

Sono stati fantastici. Con Sonia e Bill ho passato molto tempo. Bill è un oracolo. È la persona più saggia che abbia mai incontrato in vita mia. Sento che potrei chiamarlo nel cuore della notte per un problema e lui saprebbe come risolverlo. Ero sua fan già prima del film e vederlo lavorare e collaborare con lui è stato commovente.

Il detto “Non incontrare mai i tuoi eroi” non è vero, perché ho avuto la fortuna di lavorare con uno di loro, ed è stato meglio di quanto potessi immaginare. Sonia è piena di energia, esilarante, talentuosa e magnetica. Quando è sul set non si riesce a staccarle gli occhi di dosso. È come se tutti gravitassimo intorno a Sonia perché sollevava i nostri spiriti ogni giorno.

Com’è stato lavorare con la regista, Arkasha Stevenson?

È stato un onore, ci siamo sentite una squadra. Non c’era nulla che non potessi chiedere e non c’era nulla che non avrei fatto per lei. Penso che abbia affrontato questo film con una prospettiva fresca e interessante, dandogli un tocco magico.

L’horror è uno dei generi cinematografici più politici ed è uno specchio dei tempi. La paura serve a capire che c’è sempre qualcosa di più sotto la superficie. Credo che ognuno di noi debba scegliere un Anticristo personale e cercare di sconfiggerlo.

Hai perfettamente ragione. È un genere politico. Quando le persone sono spaventate sono al massimo della loro vulnerabilità e della loro fragilità. Si può imparare molto su una persona da ciò che fa in una situazione terrificante. Sono storie importanti da raccontare perché la paura è parte dell’essere umano.

Io sono terrorizzata dai clown, per questo ho guardato tutti i film sui clown che ho trovato, in modo da saturarmi di questa paura e poterla superare. Grazie all’horror, qualunque cosa ti spaventi, c’è un film che fa per te. Ognuno ha i propri demoni e mostri che si nascondono sotto il letto, ma la paura è buona e sana, significa che sei vivo e provi emozioni.

Domanda sciocca: Nell Tiger Free crede nell’Anticristo?

Credo mia madre pensasse io fossi l’Anticristo quando avevo sei o sette anni. Non lo so, credo tutto sia possibile. Siamo così limitati da ciò che possiamo vedere che non consideriamo tutto il resto.