Old, intervista esclusiva con M. Night Shyamalan

Il regista ci ha svelato qualcosa in più della genesi del film e non solo

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M. Night Shyamalan
M. Night Shyamalan

La scelta della spiaggia giusta dove rilassarsi e fare i bagni garantisce la possibilità di godere le vacanze oppure, in caso di errata valutazione, di farci rimpiangere le accoglienti
mura di casa. Quella dove vanno i protagonisti di Old, nuovo thriller fantasy di M. Night Shyamalan, in arrivo sui nostri schermi il 21 luglio, sembra un paradiso: pochissime persone, mare splendido, un incanto.

Peccato che a un certo punto dal mare affiori un cadavere e, soprattutto, che il tempo inizi a correre in maniera anomala, provocando la crescita e il rapido invecchiamento dei protagonisti, che rischiano così di consumare la loro intera esistenza in un’unica terrificante giornata.

L’ispirazione nasce dalla graphic novel Sandcastle, sceneggiata da Pierre Oscar Lévy e disegnata da Frederik Peeters (2011, edita in inglese da Selfmadehero), e Ciak ha incontrato su Zoom il talentuoso regista di Il sesto senso (che gli è valso due
nomination all’Oscar) e Split, per capire qualcosa di più su Old, ben prima di poter vedere il film.

«Non è che non te lo abbiamo voluto far vedere, perdonaci», tiene subito a rassicurarci
l’autore, «è solo che non è ancora pronto, sto dando gli ultimi ritocchi al sonoro, e alla colonna sonora, ma ci siamo quasi».

Quanto è stato fedele alla graphic novel?

Mi è subito piaciuto il tono narrativo del fumetto, perché ha quegli elementi di dark comedy che fanno parte dei miei ultimi film e della mia serie tv Servant, adoro le situazioni in cui non sai se ridere o essere destabilizzato. Poi però ho aggiunto cose mie: il fumetto ha un finale metafisico e filosofico, con riferimenti a diverse culture, il film onora quelle idee, ma ha una struttura diversa. Questo è tipico del mio approccio narrativo.

Old (M. Night Shyamalan) - poster
Old (M. Night Shyamalan) – poster

Può fare un esempio?

Decido di fare un film su un’invasione aliena dal punto di vista di una famiglia che è barricata in casa, poi penso a un contadino sui cui terreni appaiono dei cerchi nel grano: sono due grandi idee, non necessariamente correlate tra loro, io le fondo ed ecco Signs.

Oppure penso a un personaggio dei fumetti e al tema dei disordini dell’identità: così nascono Unbreakable, Split e Glass. In Old non mi sono preoccupato dei fan della graphic novel, che tra l’altro è abbastanza oscura, ma mi sono gettato sull’idea, dopo che le mie figlie mi avevano regalato il volume per la festa del papà, immaginando mi potesse piacere.

Quanti anni hanno le sue figlie?

La più grande è una musicista, quella di mezzo una film maker e scrittrice e la più piccola, va alle superiori. Credo che quella di mezzo abbia scovato questo volume, perché le sembrava abbastanza filosofico ed enigmatico per me.

Lei ha girato il film nel pieno della pandemia, immagino che questo fosse un film nel film.

So che poteva sembrare una scelta folle: girare in piena pandemia nella Repubblica Domenicana, durante la stagione degli uragani, ma questo è il bello dei film più piccoli. Puoi prenderti rischi maggiori. Io non credo che dal punto di vista artistico sia sano lavorare “in sicurezza”: a un certo punto della carriera tutti gli autori, che siano musicisti, attori, registi, scrittori o pittori, tendono inconsciamente ad adagiarsi nella loro “comfort zone”, io cerco
sempre il maggior rischio, voglio essere vulnerabile e non obbedire ai dettami del sistema hollywoodiano.

Shymalan Old

Quanto è difficile mantenere l’indipendenza creativa?

Sono amico da tempo di Jason Blum, il Ceo della Blumhouse, lui per me è come un fratello maggiore e insieme abbiamo parlato a lungo dei vantaggi nel girare film più “piccoli”, in termini di libertà espressiva.

Magari in Europa la cosa non appare così provocatoria, ma il fatto che in Old, un blockbuster estivo che andrà nei multiplex americani, i due protagonisti siano un attore messicano come Gael Garcia Bernal e un’attrice tedesca come Vicky Krieps, che parlano entrambi con il loro accento, non si era mai visto prima. Aver realizzato un blockbuster di Hollywood con protagonisti degli immigrati, dove ognuno parla con il proprio accento, mi riempie di gioia.

Old (M. Night Shyamalan)
Old (M. Night Shyamalan)

Quindi il suo è anche uno statement politico?

Io sono un immigrato, non ho accento perché vivo qui da tantissimo tempo, ma i miei genitori ancora ce l’hanno.

Loro sono arrivati a Filadelfia, la città della Liberty Bell, inseguendo il sogno americano. Mio padre è medico e aveva aperto una clinica, ma ne trovava i muri imbrattati di scritte che ogni giorno doveva pulire e si domandava “è questo il sogno americano? Non mi sembra che ci accettino”; mia madre è stata il primo dottore donna dell’area e sullo sfondo c’era questo figlio che aveva sempre una cinepresa in mano.

Fai un salto di 20/25 anni e mio padre guidando vede il suo nome su tutti i cartelloni cinematografici della città: Shyamalan, Shyamalan, Shyamalan, Shyamalan. Così per lui si è finalmente realizzato il sogno americano.

Ancora una curiosità: qual è il film che le ha fatto più paura?

Questa è facile: L’Esorcista. L’ho visto da bambino su HBO e non ho potuto dormire da solo per un mese. È stato traumatico e credo che mi abbia influenzato: pensa che ho ancora il poster del film nel mio ufficio! A parte 45 secondi di Tubular Bells, è un film senza musica, pazzesco. Friedkin ha avuto un approccio molto realistico, portando questa cosa biblica nella camera da letto di una bambina e riprendendola con la fotografia naturalistica tipica degli Anni ’70. Quel silenzio mortale nella stanza, quell’assenza di suoni sono scelte
straordinarie e snervanti.