Festival di Locarno, 71 volte giovane: gli appuntamenti imperdibili

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Il festival di Locarno non ha diritto all’invecchiamento. E’ una affermazione suggestiva e apparentemente arbitraria, questa del direttore operativo Raphael Brunschwig, ma assolutamente suffragata dai fatti. E’ un festival, quello ticinese, nato giovane e che ha sempre fatto dello sforzo del rinnovamento uno dei motori della sua esistenza e vitalità. Il programma di questa 71ma edizione, (dal primo all’11 agosto) la sesta curata dal valdostano Carlo Chartrian (e anche l’ultima perché chiamato a occuparsi delle gestione artistica del Festival di Berlino!) non può che confermarlo. Così come la sua natura di ponte tra la cultura mediterranea (massimamente l’italiana) e quella nord-europea.

Mentre rivendica l’aumento delle opere prime in questa edizione (ben sei), il direttore artistico sottolinea elementi di novità, tra cui l’apertura a linguaggi limitrofi a quelli cinematografici in apposite sezioni, piattaforme che si aprono a discussioni, con finestre del mondo globale della comunicazione; soprattutto (seguendo in questo suggestioni da altri colleghi e manifestazioni) ricorda l’introduzione dell’evento live, che coincide con la esecuzione della colonna sonora dal vivo proprio la prima grande sera (anche se ci sarà il giorno prima una pre-apertura popular con la proiezione di Grease), ad aprire in pompa magna la retrospettiva dedicata a Leo McCarey (del magistrale autore di commedie e comiche dal muto al sonoro ci torneremo in un altro servizio) con Liberty, capolavoro comico del 1929 con Laurel & Hardy (il futuro comincia dunque dal passato più glorioso).

Liberty

 

Scorriamo ora a volo radente il menu dell’edizione, almeno dei suoi piatti forti.

In Piazza Grande, la sera, tra i titoli più attesi dal grande pubblico: da Equalizer 2 (con Washington) di Antoine Fuqua al sequel (diciamo così per semplificare) della straordinaria miniserie tv P’tit Quinquin (ahimé pressoché e colpevolmente inedita in Italia) di Bruno Dumont – per lui il Pardo d’onoreCoincoin et Les z’inhumains; dall’ultimo Spike Lee (from Cannes) Blackklansman all’italo svizzero (non male la pattuglia nostrana quest’anno) Un nemico che ti vuole bene di Denis Rabaglia (con Diego Abatantuono); dall’immarcescibile filippino Lino Brocka con il “vecchio” capolavoro Manila in the Claws of Light del 1975 al nuovo Blaze di Ethan Hawke (!!, per lui qui anche l’Excellence Award); da L’ospite di Duccio Chiarini, battente triplice bandiera italo-svizzera-francese alla chiusura affidata alla commedia transalpina I Feel Good di Bemoit Delepine e Gustave Kervern, con il grande Jean Dujardin.

I Feel Good

Ovviamente le scoperte sono destinate al concorso internazionale: 15 opere sottoposte al giudizio della giuria composta da Jia Zhang-ke (presidente), Emmanuel Carrère, Sean Baker, Tizza Covi e Isabella Ragonese. Noi scommettiamo in particolare su Gangbyun Hotel del sublime coreano Hong Sangsoo; M dell’assistente di Gitai, Menahem Lang; Alice T. del talentuoso rumeno Radu Munteanu; l’italiano Menocchio di Alberto Fasulo, ambientato nel 16mo secolo; più un tour de force che promette di esasperare e dividere: La flor dell’argentino Mariano Llinas, 815 minuti (!!!) proposti in tre parti, con tanti episodi diversi ad assommarsi (anche per gli stili che attraversano tutti i generi cinematografici) e su cui il direttore ha speso parole lusinghiere di presentazione, definendolo “una sorpresa costante”.

Menocchio

Altre opere italiane, Fuori concorso o nelle sezioni collaterali Cineasti del presente, Pardi di domani, Sign of time (tutte sezioni di cui parleremo più avanti): Dulcinea di Luca Ferri, Frase d’arme di Federico Di Corato, My Home, in Libia di Martina Melilli, Likemeback di Leonardo Guerra SeràgnoliSembra mio figlio di Costanza Quatriglio e il più che gradito ritorno di Silvano Agosti, con un film documentario sul ’68 con interviste a tanti protagonisti dell’epoca: Ora e sempre riprendiamoci la vita.

In più, Leopard Club Award a Meg Ryan, Premio Vision Award a Kyle Cooper (straordinario artista dei titoli di testa, ricordate – tanto per fare un esempio – Seven?), Premio Rezzonico al produttore Ted Hope, più un sentito omaggio ai fratelli Taviani con la proiezione restaurata di Goog Morning Babilonia (ma anche di questo parleremo diffusamente più avanti).