Sciopero degli attori a Hollywood, si interrompono le trattative con gli Studios

Il dialogo tra SAG - AFTRA e AMPTP è sospeso e lo sciopero prosegue

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Un divario “troppo grande” nel dialogo, così l’AMPTP, l’alleanza dei produttori dell’audiovisivo americana, ha definito l’attuale fase delle negoziazioni con SAG – AFTRA, il sindacato degli attori in sciopero da luglio scorso. I principali studi cinematografici hanno così interrotto i colloqui con gli attori, dopo che il sindacato li ha accusati di mettere in pratica “tattiche prepotenti” e di essersi rifiutati di prendere in considerazione la loro ultima offerta.

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Lo sciopero degli sceneggiatori

Dopo la chiusura delle trattative tra sceneggiatori e produttori, lo sciopero che sta tenendo ferma Hollywood dallo scorso maggio, sembrava ad un punto di svolta. Lunedì la WGA, il sindacato degli sceneggiatori, ha approvato con il 99% dei voti a favore la ratifica del nuovo accordo stipulato con AMPTPT, ponendo ufficialmente fine a una delle controversie più lunghe nella storia della gilda. WGA ha ottenuto un bonus per gli autori sulle prestazioni dei prodotti realizzati per lo streaming, nonché livelli minimi di personale in TV e una riscrittura garantita per gli autori di lungometraggi.

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L’esito positivo degli accordi tra WGA e AMPTP lasciava ben sperare sulle trattative ancora aperte al tavolo di SAG – AFTRA. Gli sceneggiatori, solidali con gli attori, avevano però annunciato che non avrebbero smesso di offrire il loro supporto ai colleghi ancora in sciopero.

Lo sciopero continua a bloccare Hollywood

Continua quindi lo sciopero degli attori a Hollywood, giunto al suo 90° giorno e ormai vicino alla durata dello sciopero SAG del 1980, che durò 95 giorni. Mentre il sindacato ha espresso “profonda delusione” per gli ultimi sviluppi e ha esortato i membri a presentarsi ai picchetti per esprimere la loro solidarietà.

L’ostacolo principale alle trattative riguarda la proposta sindacale sulla condivisione delle entrate dello streaming. SAG-AFTRA vorrebbe una quota delle entrate su tutti i prodotti coperti dal sindacato degli attori, sia quelli realizzati per lo streaming che per film e programmi TV concessi in licenza da altre piattaforme, che andrebbe ben oltre il bonus guadagnato dalla Writers Guild of America nelle scorse trattative. Secondo l’AMPTP l’accordo costerebbe 800 milioni di dollari all’anno, mentre SAG-AFTRA accusa gli studi di aver diffuso informazioni fuorvianti nel tentativo di indebolire la determinazione dei membri e che la sua proposta costerebbe alle piattaforme streaming 57 centesimi per abbonato all’anno.

“Queste aziende si rifiutano di proteggere gli artisti dalla sostituzione con l’intelligenza artificiale, si rifiutano di aumentare i salari per stare al passo con l’inflazione e si rifiutano di condividere una piccola parte delle immense entrate che il NOSTRO lavoro genera per loro”, ha dichiarato SAG – AFTRA.

Le proposte

L’AMPTP aveva proposto aumenti sulle tariffe per le guest star, tetti più alti per i contributi pensionistici e sanitari e l’accordo con la maggior parte delle richieste del sindacato sulle audizioni autoregistrate. Gli studi hanno inoltre affermato di aver accettato la richiesta di consenso sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sia per gli attori principali che per quelli secondari, nonché il divieto di creazione di nuove immagini da parte dell’intelligenza artificiale.

Mercoledì gli studi hanno presentato la loro ultima offerta. “Dopo conversazioni significative, è chiaro che il divario tra AMPTP e SAG-AFTRA è troppo grande e il dialogo non ci sta portando ad una direzione produttiva… Ci auguriamo che SAG-AFTRA riconsideri la situazione e ritorni presto a negoziati produttivi“, afferma l’alleanza dei produttori.

L’odierna sospensione dei negoziati tra la gilda degli attori e gli studi è simile per la sua portata e tattica a quanto accaduto ad agosto con i colloqui tra sceneggiatori e AMPTP, che  pubblicò la sua offerta per mettere i membri della WGA contro la leadership della gilda.

L’economia della contea di Los Angeles subisce un altro duro colpo dopo quello della perdita di 5 miliardi di dollari dall’inizio dello sciopero a maggio scorso.