Shrinking, la recensione della serie con Harrison Ford e Jason Segel

0
Shrinking

Annunciata come la serie tv dopo Indiana Jones, per Harrison Ford, Shrinking è la nuova commedia Apple Original interpretata da Jason Segel (How I Met Your Mother) e da lui scritta insieme alla coppia di Ted Lasso, Brett Goldstein e Bill Lawrence (vincitore di un Emmy). Dieci episodi che dal 27 gennaio sono disponibili sulla piattaforma di streaming di Apple TV+ e nei quali i due attori protagonisti saranno affiancati da Christa Miller, Jessica Williams, Ted McGinley, Michael Urie, Luke Tennie e Lukita Maxwell.

Shrinking

IL FATTO

Jimmy Laird (Segel) è un terapeuta in lutto che, causa lo stress per l’improvvisa morte della moglie, un giorno inizia – quasi per caso – a infrangere le regole del proprio lavoro e a dire ai suoi clienti esattamente quello che pensa e che dovrebbero fare, ignorando così ogni etica e formazione professionale e ritrovandosi a provocare tumultuosi cambiamenti nella vita delle persone. Dei quali inizia a farsi carico personalmente, in alcuni casi, con ovvie conseguenze anche per la propria stessa vita e dei suoi cari, in primis sua figlia Alice (Maxwell). Mentre si impegna a fare il padre, l’amico e lo psicoterapeuta – e in fondo a tentare di essere sincero, soprattutto con se stesso – cambiano così i rapporti con gli amici e colleghi Gaby (Williams) e Paul (il Dottor Rhodes di Harrison Ford), quello subìto con i vicini Liz (Miller) e Derek (McGinley), quello dimenticato con il miglior amico Brian (Urie) e quello appena nato con il violento Sean (Luke Tennie), suo paziente, ma a cambiare sono anche loro. Tutti loro.

Shrinking

L’OPINIONE

“Sappiamo cosa dovrebbero fare! Sappiamo le risposte!” confessa animatamente Jimmy in un momento di estrema sincerità tra psicoterapeuti, e umanamente è difficile non condividere la sua frustrazione nel cercare di guidare maieuticamente i suoi pazienti senza telecomandarli, soprattutto nel vederli continuare a sbagliare. Servono pratica, anni di studio e un gran controllo di sé – per non parlare di una certa etica – per evitare di trasformarsi nel “Psychological Vigilante” che paventa il suo capo, il Dottor Paul Rhodes… e a volte non bastano nemmeno. Per fortuna. Nostra, sicuramente, visto che è da questa premessa che si sviluppa la serie, e dalla decisione del protagonista di iniziare a dire ai suoi assistiti cosa fare, come reagire. Un inizio trascinante, che mescola empatia e surreale alla prevedibile sorpresa di qualcosa che non si dovrebbe fare, ma funziona. O sembra farlo. Almeno per i primi tre episodi, nei quali i personaggi di contorno restano forse troppo sullo sfondo mentre Segel fa il mattatore, anche a discapito del tanto atteso Harrison Ford (ma non senza concedersi/ci conclusioni di puntata spesso commoventi, con buona pace del cliffhanger). Tempo al tempo. Dopo una quarta frazione forse avvincente – e convincente – delle altre, qualcosa inizia a ingranare, soprattutto partire dalla festa (non) a sorpresa molto particolare con la quale superiamo la metà del percorso e che si rivela una imprevista terapia d’urto nella quale molti non detti vengono fatti emergere. Anche per assicurarci una conclusione di stagione non troppo aderente con quel che ci saremmo aspettati o che sembrava, e nel tragitto gradualmente rivelare temi e personaggi ai quali viene tolta la sordina dell’inizio. Come nel caso del crescendo del “marito di Lizzie” o del “Apology Tour” dell’episodio 7 che ci mostra un Ford diverso, più consapevole e dolente. Coerentemente con il tratto distintivo di tutta l’evoluzione della vicenda (e dei personaggi che la popolano), nella quale la premessa citata viene generalmente dimenticata, data quasi per assodata, anche superata, semmai, per concentrarsi sulla capacità di fare i conti con i propri rimpianti, i sensi di colpa, spesso immotivati, con l’impossibilità di tornare indietro, con i propri sentimenti e paure. Sempre in maniera leggera, sincera e – a suo modo – affettuosa.

LEGGI ANCHE: Harrison Ford e Helen Mirren nel prequel di Yellowstone, 1932

SE VI È PIACIUTO GUARDATE ANCHE…

La psicanalisi è da sempre un tema ricco di possibilità nel cinema statunitense, ma negli ultimi anni anche diverse serie tv hanno attinto al bacino che offrono terapie, pazienti e ‘strizzacervelli’. Visti spesso attraverso una lente doppia che ci ha mostrato il loro lato umano di fronte alle sfide presentate loro, come nelle tre versioni di In treatment (israeliana, Usa e italiana), ma anche un inquietante dark side come quello della storia vera raccontata nel The Shrink Next Door con Paul Rudd e Will Ferrell. Per quanto riguarda l’elaborazione di un lutto tanto doloroso come quello della perdita di un amore – ma anche in assoluto – considerate pure imperdibile la After Life di Ricky Gervais, su Netflix.

Shrinking

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
shrinking-la-recensione-della-serie-con-harrison-ford-e-jason-segelAnnunciata come la serie tv dopo Indiana Jones, per Harrison Ford, Shrinking è la nuova commedia Apple Original interpretata da Jason Segel (How I Met Your Mother) e da lui scritta insieme alla coppia di Ted Lasso, Brett Goldstein e Bill Lawrence (vincitore di...