Strappare lungo i bordi, lo abbiamo visto in inglese. E funziona

Le polemiche divampano, ma c'è qualcosa di molto più importante che non ha confini

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Strappare lungo i bordi

Strappare lungo i bordi, la serie animata firmata da Zerocalcare per Netflix, è uno dei successi del momento. I dati di visione ancora non sono disponibili sul nuovo sito della piattaforma streaming dove poter visualizzare le classifiche, ma certamente il diario intimo del fumettista romano farà registrare molti record.

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Non mancano naturalmente anche le polemiche, come spesso accade quando un prodotto italiano riscuote particolare successo i detrattori iniziano ad affollare i social e una delle questioni più dibattute è quella del linguaggio. Non per i contenuti, ma proprio per l’accento, marcatamente romano, di Michele Rech (vero nome di Zerocalcare) che fa da voce narrante alla serie.

Per molti è fastidioso, eccessivo, c’è chi addirittura ha detto di avere dovuto guardare la serie con i sottotitoli per poter capire quello che diceva. Sono stati pubblicati glossari della gergalità “zerocalcariana”, insomma, si è detto e fatto un po’ di tutto.

Allora ho guardato Strappare lungo i bordi in inglese. E funziona.

E non perché finalmente ho potuto fare a meno di ascoltare questo fastidioso accento romano, ma semplicemente perché quello che ha scritto Zerocalcare può piacere o non piacere, ma indubbiamente ha un valore universale nei contenuti, nella storia di formazione di questo ragazzo che affronta la vita senza strumenti che viene raccontata con grande sincerità e passione.

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L’idea di guardare Strappare lungo i bordi in inglese mi è venuta grazie all’insegnamento che quando ero un adolescente mi diede un grande cineasta che se n’è andato troppo presto: John Hughes.

Dear Mr. Vernon. We accept the fact that we had to sacrifice a whole Saturday in detention for whatever it was we did wrong. What we did was wrong, but we think you’re crazy to make us to write an essay telling you who we think we are. What do you care? You see us as you want to see us: in the simplest terms, the most convenient definitions. You see us as a Brain, an Athlete, a Basketcase, Princess, and a Criminal. Correct? That’s the way we saw each other at 7 o’clock this morning. We were brainwashed.

– Opening monologue, The Breakfast Club (1985)

Se un sabato pomeriggio di detenzione dentro una scuola di un cervello, un atleta, una pazza, una principessa e un criminale poteva essere così vicino a un ragazzino italiano, allora Zerocalcare può fare lo stesso per un utente Netflix di Wichita.

Fatto l’esperimento, ed è così. Il cuore di quello che vuole dirci Zerocalcare resta lì, intatto, e un trentenne di Oslo che è stato anch’egli adolescente potrebbe piangere come un carrozziere di Centocelle o un assicuratore di Nancy.

Preoccuparsi di criticare l’eccessiva romanità è preoccupante soprattutto perché l’emozione più grande sembra essere quella della polemica. E questo fa male in tutte le lingue del mondo.